Mercoledì, 01 Maggio 2024

Sofia Corradi “mamma” Erasmus: “Le mie battaglie trasformarono un privilegio di pochi in un’opportunità per tutti.”

Sofia Corradi, fino al 2004 professoressa di Educazione permanente all’Università Roma Tre, è da tutti conosciuta come “mamma Erasmus”. Perché è grazie alle sue battaglie che l'Unione Europea, nel 1987, creò il programma Erasmus, ossia, la possibilità per uno studente Sofia Corradi, fino al 2004 professoressa di Educazione permanente all’Università Roma Tre, è da tutti conosciuta come “mamma Erasmus”. Perché è grazie alle sue battaglie che l'Unione Europea, nel 1987, creò il programma Erasmus, ossia, la possibilità per uno studente universitario europeo di effettuare, in una università straniera, parte del percorso di studi legalmente riconosciuto dalla propria università.

Sofia Corradi, fino al 2004 professoressa di Educazione permanente all’Università Roma Tre, è da tutti conosciuta come “mamma Erasmus” Sofia Corradi, fino al 2004 professoressa di Educazione permanente all’Università Roma Tre, è da tutti conosciuta come “mamma Erasmus”


Il maggio scorso, Sofia Corradi, in occasione della 'Giornata dell’Europa', ha ricevuto il prestigioso 'Premio Carlo V' per il suo lodevole operato a favore della 'costruzione europea'. Un passaggio che ha cambiato gli studi universitari e le prospettive di vita di tantissimi giovani europei. La consegna ufficiale spettò a Filippo VI Re di Spagna ed al Presidente del Parlamento europeo, allora Martin Schulz.

Che emozioni ha provato alla notizia che sarebbe stata premiata per il suo contributo alla “costruzione europea”, come madre e fondatrice di ‘Erasmus’?

La definizione di ‘mamma Erasmus’ mi ha commosso assai. Per il 'Premio Carlo V', posso dirle che sono onorata, onoratissima. Al di sopra di questo, c’è solo il Premio Nobel: un’incredibile soddisfazione. Un anno fa, un’istituzione europea che io assolutamente non conoscevo - la Fundacion Academia Europea di Yuste - mi contattò dicendomi che sarei stata candidata ad un premio: “Ci mandi il suo curriculum”. Per diversi mesi non ebbi notizie in merito a questo premio e pensai - “Come al solito lo hanno conferito ad uno dei soliti onnipotenti”. Invece, ad un certo punto, mi arrivarono diverse lettere da questo istituto comunicandomi e chiedendomi se, qualora la giuria avesse deciso di premiarmi, fossi stata disposta ad accettare il premio. Pensavo fosse uno scherzo, perché è ovvio che lo avrei accettato. Chi non lo avrebbe accettato! Un’emozione unica ed indescrivibile. Mi comunicarono che sarei stata premiata dal Re di Spagna Filippo VI, per ilmio contributo alla costruzione europea. Alla presenza del Presidente del Parlamento europeo Schultz e alla presenza di decine di ambasciatori e ministri europei, invitati solo ed esclusivamente per festeggiare e omaggiare me.

Cosa le è rimasto più impresso del premio conferito dal Re di Spagna?

prof corradi 2Arrivata al Monastero Reale di Yuste, si avvicinò il capo dell'Ufficio del Protocollo e mi accompagnò in una sala immensa, facendomi avvicinare in una postazione dove c’era un gigantesco mazzo di fiori, e mi disse: “Le va bene qui?” Io, onorata e quasi scioccata di tanta attenzione, mi godetti il momento. Il protocollo della cerimonia prevedeva: naturalmente il discorso del Re, naturalmente il discorso di Schultz, il mio ringraziamento e gli interventi di alcuni studenti, per raccontare qualche esperienza del programma Erasmus; ma soprattutto prevedeva che il Re “avrebbe acconsentito a posare esclusivamente per una sola foto”, e di gruppo. Invece, dopo i racconti emozionanti, sempre toccanti degli studenti, il 'protocollo' saltò. Le storie e le esperienze di vita dei giovani ‘erasmiani’ fecero esplodere ogni formalità istituzionale, ed io riuscì a leggere negli occhi di ministri, ambasciatori e uomini di Stato, lo stupore di chi solo allora si rese conto del valore formativo di Erasmus. Sembrava che tutti quegli illustri personaggi, che naturalmente già avevano sentito parlare di Erasmus, di fronte all’entusiasmo dei ragazzi, avessero pensato: “Allora è proprio vero che Erasmus è una meravigliosa esperienza di vita!”. Lo stesso Re di Spagna, dimenticato il protocollo, rimase a lungo con i ragazzi a fare ‘selfie’. Questo Re è un personaggio davvero interessante; amatissimo dalla popolazione, anche perché il suo comportamento franco e diretto, analogo a quello di sovrani olandesi o scandinavi, è privo di ogni sussiego formale. Una cosa che mi ha profondamente colpito, è il fatto che si circonda di collaboratori validissimi, erasmiani, che nulla hanno a che fare con i classici “ciambellani ossequiosi”.

Erasmus nacque davvero per rabbia o si tratta di una “forzatura” giornalistica?

Assolutamente sì. Erasmus nacque per rabbia! Cominciai una battaglia, nel 1969, che terminò diciotto anni dopo, infatti, vide la luce ufficialmente solo nel 1987; ma andiamo per gradi. Nel 1958 ero una studentessa del quarto anno di Giurisprudenza dell’Università di Roma - non si chiamava ‘La Sapienza’ perché allora era l’unica università della capitale. Vinsi una borsa di studio alla Columbia University di New York. In quell’anno mi divertii un mondo, vissi una situazione ideale per una giovane studente: studio, divertimento e follie, in quel tempo, nella città capitale del mondo. Dunque, dopo studio, divertimento e follie, tornai a Roma con un Master in Diritto Comparato.prof corradi 3 Mancandomi tre esami e la tesi, con il diploma originale della Columbia University, mi recai - sembrandomi ovvio - alla segreteria studenti per farmi conteggiare il Master come equivalente dei tre esami rimasti e quindi, per farmi convalidare gli studi fatti in America. L’addetto allo sportello non riusciva a capire cosa gli stessi chiedendo, allora chiamò il capo della segreteria, il quale avvicinandosi mi disse: “Non ho capito cosa vuole!” E con un’ingiuriosa ramanzina, alzando la voce mi offese e mi umiliò davanti a tanti studentiin fila dietro lo sportello: “Ma chi si crede di essere signorina? Và a divertirsi in America e vuole da noi una laurea?” Buttando un’occhiata sprezzante sul mio diploma mi disse: “Columbia University? Mai sentita nominare!” Candidamente cercai di insistere ma non ci fu nulla da fare. In ogni caso a me piaceva studiare, continuai gli studi e mi laureai da lì breve. Il bello iniziò subito dopo la laurea.

Come nacque fattivamente il programma Erasmus?

Mentre gli altri miei colleghi laureati dovevano andare a cercarselo il lavoro, io no. Erano i datori di lavoro che cercavano me. Incredibilmente, e con una facilità quasi imbarazzante, cambiavo lavoro velocemente, e senza essere finti idealisti, talvolta anche in base ai compensi più alti che mi venivano offerti. Ma questo stato di cose mi fece maturare l’idea che l’anno di studio all’estero, immersa in un’altra cultura, mi giovò in una misura considerevole, di cui solo allora mi stavo rendendo conto. E se fece così bene a me una simile esperienza, pensai che non doveva essere un privilegio riservato solo a me. Ragionai - “Deve essere un’opportunità a disposizione di tutti”. Quando si è giovani il mondo così com’è non ci piace, quindi, con baldanza giovanile, con la consapevolezza che studiare all’estero a quel tempo era una cosa solo per ricchi, e nell’era in cui iniziava a ribollire la contestazione studentesca, cercai di tramutare la mia rabbia in qualcosa di rivoluzionario. E’ vero che la mia rabbia durò quasi vent’anni, ma ne valse la pena. A trent’anni ero già diventata niente meno che la consulente per le relazioni internazionali' dell’'Associazione dei rettori italiani'. Quindi avevo occasione di conoscere tutti i rettori delle università europee e qualche rettore di università extra-europee. Tutti gli agganci e tutte le entrature li sfruttai per far sì che il privilegio di pochi diventasse un’opportunità offerta a tutti. Cominciai nella maniera più ovvia: convocavo riunioni di rappresentanza tra i rettori italiani e i rettori di tutta Europa. Partendo dalla costatazione che, tutto sommato, gli studenti si preparavano all’esercizio delle stesse professioni nei paesi europei, ponevo in evidenza il ‘molto’ che avevano in comune due percorsi di studi universitari di Stati diversi. prof corradiMi sforzai allora, di sostenere questo paradigma: “Creiamo due colonne parallele nelle quali, parte del percorso di studio universitario, fatto in un altro Paese, possa valere con le dovute equivalenze nell’università nella quale lo studente è iscritto”. Non c’è dubbio infatti, che un medico francese sa curare un paziente italiano, e non c’è dubbio che gli edifici si reggono o crollano in base alle stesse leggi della fisica. Il vantaggio fondamentale, o meglio, l’aspetto visionario era caratterizzato dalla possibilità che veniva creata allo studente, di fare una ‘full immersion’ in una cultura diversa dalla propria.

Diciotto anni di battaglie, quali furono gli ostacoli più grandi?

Stiamo parlando degli anni ‘60/’70, nel mondo imperversava la guerra fredda e i contatti erano difficili. Sia dal punto di vista diplomatico che logistico. Nel 1969 per incontrare i rettori europei, soprattutto quelli francesi e quelli della Germania occidentale, si dovevano fare molte ore di treno. In queste lunghe ore e in questi interminabili viaggi, ai quali partecipavano spesso i rettori dell’Università di Pisa, di Bologna, e di Pavia, che sono stati fra i primi che hanno riconosciuto l’idea rivoluzionaria di Erasmus, illustravo loro, quale tipo di documento avremmo dovuto produrre: un documento su due colonne, una in italiano e - per esempio - una in francese o tedesco o spagnolo. A conclusione della riunione il testo veniva approvato e solennemente firmato dai capi delle due delegazioni. Mentre gli incontri bilaterali e a volte trilaterali con i rettori e i grandi scienziati di tutta Europa, portarono senza difficoltà all’accoglimento della mia proposta, dovetti fare i conti con la burocrazia. Una faticaccia. Sembrava non avessero altro da fare che frapporre ostacoli. Per farle un esempio: una funzionaria allora mi disse che la mia “idea balsana non vedrà mai la luce perché nella pubblica amministrazione è vietato tutto, tranne ciò che è espressamente permesso da una legge”. Fui continuamente scoraggiata dai burocrati: “Lasci perdere. Non si potrà fare”. Invece io, in forza di un articolo della Costituzione, l’art. 11 per l’esattezza, le dissi che l’Italia favorisce tutte quelle iniziative che mirano a stabilire un sistema di pace e amicizia tra le nazioni. Per fargliela breve, le posso dire che dopo 18 anni di sconfitte, il consenso pian piano cresceva, fino al 1987, l’anno in cui fu creato il 'Programma ER.A.S.M.U.S.'

Qual' è la genesi del nome Erasmus?

prof corradi 4Il termine ER.A.S.M.U.S. è un acronimo: “European Action Scheme for the Mobility of University Students” - Schema d'azione europeo per la mobilità degli studenti universitari. Naturalmente a Rotterdam, dove c'è un'università intitolata ad Erasmo da Rotterdam, umanista e teologo olandese del XV secolo, che viaggiò in diversi paesi d’Europa per comprenderne le differenti culture, si pensò e si fece credere all'opinione pubblica che l'acronimo fosse ispirato al teologo olandese. Il rettore dell'Università di Rotterdam mi raccontò come andò davvero la cosa. Un giorno lo chiamarono da Bruxelles chiedendogli se l'UE avrebbe potuto intitolare un programma culturale 'Erasmo'. “Perché no?” - gli rispose - Ma poi mi aggiunse, come suo personale e confidenziale commento, che in realtà volevano evitare di intitolare la creazione di un asilo infantile a Re Erode il Grande, che era colui il quale ordinò la strage degli innocenti. Quindi la parola Erasmus con Erasmo da Rotterdam, non c'entra nulla!

 Ma che cos’ è esattamente ‘Erasmus’?

Non farò ciò che fanno tanti: non le dirò cos’è Erasmus; bensì le dirò cosa non è Erasmus. Uno. Il programma non è finalizzato all’apprendimento delle lingue estere, perché chi va in Erasmus potrà anche imparare la lingua del paese ospitante, ma la cosa fondamentale - come mi disse uno studente erasmiano di ritorno - è che saprà sorridere in tutte le lingue del mondo, e per questo, avrà più possibilità di successo nella vita. Due. Non è riservato agli studenti di livello eccezionale. Ma è per studenti di livello normale; ovvio è, che se uno studente ha una media di 18 avrà più difficoltà ad essere selezionato per il programma Erasmus. Per esempio un onorevole media del 24 andrà benissimo. Tre. Erasmus non ha scopi ‘professionalizzanti’. Anche se le statistiche palesano che dalla laurea, lo studente erasmiano entra nel mondo del lavoro in metà tempo rispetto allo studente laureato ‘non Erasmus’, c’è da sottolineare che lo studente erasmiano non fa un’esperienza all’estero per studiare una materia che viene meglio insegnata rispetto all’università di appartenenza. Ma lo studente erasmiano studia all’estero per allargare il proprio orizzonte culturale: Erasmus aiuta a diventare cittadini del mondo e soprattutto impara ad essere una persona migliore. Erasmus è rivoluzionario proprio perché non costituisce un’esperienza di studioma un’esperienza di vita, non in una università diversa ma in una cultura diversa.

Quale potrebbe essere un suo messaggio per gli studenti universitari?

prof corradi (2)Il mio messaggio è rivolto particolarmente agli universitari del Mezzogiorno. A loro dico: “partecipate al programma Erasmus”. E' un'esperienza di vita che aiuta a formarsi e a crescere. Sono gli studenti del Sud che, rispetto a studenti universitari di aree maggiormente industrializzate, più hanno bisogno di vivere Erasmus. Un anno in un’altra cultura aiuta ad approcciarsi alle sfide di tutti giorni con un’altra visione e con un’altra prospettiva di futuro. Erasmus apre nuovi scenari e nuovi orizzonti culturali, talvolta inesplorati. Un errore che non bisogna fare, è pensare che se un giovane va in Erasmus, subito dopo sarà indotto ad andare all’estero a lavorare. L'esperienza dello studente erasmiano invece è valorizzante e avvincente, perché arricchisce notevolmente il bagaglio dei valori umani, ancor prima che quello didattico. Lo studente erasmiano sa meglio relazionarsi con le difficoltà di tutti i giorni, acquisisce una percezione diversa su come affrontare gli ostacoli che gli si pongono davanti. Agli studenti del Sud dico: “Investite un anno del vostro percorso accademico, anzi, un anno della vostra vita, in una ‘full immersion’ in un'altra cultura. Vi renderà persone migliori sotto tutti i punti di vista.”

E per chi non è studente universitario?

Negli anni recenti Erasmus si è allargato ad attrarre anche quei giovani che studenti universitari non sono. Suggerisco per questo, a tutti, di interessarsi sulle possibilità di partecipare per esempio ad esperienze di volontariato internazionale. Il grande errore sarebbe non informarsi ed essere rinunciatari. È già tutto finanziato e organizzato. Sul convoglio Erasmus c’è posto per tutti, occorre solo farsi avanti. Consiglio a tutti di partecipare al programma, perché sono profondamente convinta che Erasmus costruisce persone “inaffondabili”.