Domenica, 28 Aprile 2024

Una macroregione del Sud migliorando la qualità della spesa europea. Ecco come riparte il Mezzogiorno. Parla l’eurodeputato Nicola Caputo

Più Sud in Europa e più Europa nel Sud. È questo l’obiettivo di Nicola Caputo. Parlamentare europeo, membro delle Commissioni Agri (Agricoltura e sviluppo rurale), Tran (Trasporti e turismo), Envi (Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare) e Pech (Pesca).

Riportare al centro delle politiche comunitarie il Mezzogiorno, con interventi adeguati e lungimiranti, per far crescere la sua economia e farla uscire dalle risacche nelle quali è stata impantanata per decenni. Un processo possibile solo se si è in grado di spendere bene i fondi comunitari. Caputo non ha dubbi. Incentivare e valorizzare il settore primario potrebbe risultare l’arma vincente per un’area geografica fortemente caratterizzata da prerogative morfologiche agricole e di alto impatto economico. Porta il suo nome infatti il dossier sui giovani agricoltori in UE. Un' intuizione che caratterizzerà la nuova PAC (Politica agricola comune), fondata su otto punti fondamentali per l’accesso all’economia agricola da parte dei giovani che vorranno investire nel settore: ricambio generazionale, finanziamento, bassa fiscalità, accesso al credito, semplificazione burocratica, accesso alla terra, formazione professionale e innovazione. Mai sacrificando lo sviluppo sostenibile. Strumento importante anche per la Calabria, che dovrà essere in grado di gestire al meglio i fondi previsti nella PAC post 2020. Secondo Caputo, anche se si è registrata un’inversione di tendenza rispetto al passato - infatti la Calabria risulta essere prima nel Sud per spesa dei fondi Ue e tra le prime regioni del Paese per capacità di utilizzazione dei fondi comunitari - il sud deve rimboccarsi le maniche per sfruttare al meglio le risorse che l’Unione europea ridistribuisce nelle regioni cosiddette “obiettivo convergenza -1”. Per far ripartire il Mezzogiorno occorre migliorare la qualità della spesa. Per questo, Caputo ha ideato e promosso una piattaforma innovativa a sostegno di amministrazioni e privati per gestire in modo performante i bandi europei: il progetto Eurocamp mette a disposizione una serie di strutture e strumenti per avvicinare i territori e gli stakeholders al mondo dei programmi europei diretti.

 

Il suo ruolo di deputato europeo in rappresentanza del Sud Italia, le impone un lavoro e un’attività più intensa proprio perché il Mezzogiorno ha la necessità di recuperare un forte divario con il resto d’Europa?

Sono stati quattro anni intensi, certamente. Il mio obiettivo è quello di portare più sud in Europa e più Europa nel Sud, e con l’attività messa in campo penso di aver dato un grosso contributo affinché le distanze tra Ue e mezzogiorno si accorciassero concretamente. Tra tutti, il più importante intervento è senz’altro quello riguardante il dossier sui giovani agricoltori, anche in vista della riforma della politica agricola comune. Abbiamo fatto un buon lavoro in Commissione, apprezzato soprattutto dal Commissario all’Agricoltura Hogan, il quale ha recepito quasi nella totalità le proposte del mio dossier.”

 

Un rapporto Demoskopika (2015-2017) segnala che le ragioni del sud ricevono molto di più rispetto a quanto rendono in contribuzione regionale all’Europa, in forte controtendenza alle regioni del nord, facendo registrare un saldo passivo di 8 miliardi. In Europa, c’è un rischio che il Mezzogiorno sia percepito come un costo, una zavorra dalla quale emanciparsi?

“La questione va posta su due livelli di analisi. Innanzitutto le regioni del Sud ricevono più risorse perché sono regioni cosiddette ‘legging regions’- in ritardo di sviluppo, ma il problema che riguarda la classe dirigente delle regioni meridionali, è che spesso spende male queste risorse, lasciando ‘vuoti’ strutturali sui territori. Devo dire però, che negli ultimi tempi, c’è una lieve controtendenza rispetto alla qualità della spesa europea, ma è ancora troppo poco rispetto alle regioni più evolute, non solo d’Italia ma anche del resto d’Europa. L’altro aspetto da prendere in considerazione è che l’analisi non deve tenere conto di chi riceve di più e chi riceve meno, perché le regole comunitarie hanno una logica ben precisa: puntano decisamente a minimizzare il gap economico delle regioni più svantaggiate e al contempo, ad elevare gli standard qualitativi in maniera generalizzata in tutte le regioni dell'Ue. Il Sud però, deve riboccarsi le maniche. Io ho fatto la mia parte ideando la piattaforma Eurocamp, che pone al centro della sua mission la qualità della progettazione europea.”

  

Di pochi giorni fa è l’appello del governatore della Campania Vincenzo De Luca, accolto dagli altri governatori del sud, tra cui il presidente della regione Calabria, Oliverio, di creare un 'patto per il mezzogiorno', per il suo rilancio e il suo sviluppo…cosa ne pensa?

“Sono d’accordo con il governatore De Luca, e bene ha fatto Oliverio ad accogliere positivamente questo appello. Mettere insieme le regioni del sud e creare una macroregione meridionale costituirebbe un punto di forza per l’intero mezzogiorno. Occorre un coordinamento maggiore e occorre lavorare alla risoluzione dei problemi in base a quella che è la continuità geografica.”

 

 La vicenda della nave Acquarius ha catalizzato il dibattito in Italia e soprattutto in Europa. Nella sessione plenaria di giugno a Strasburgo si è tanto discusso della scelta del governo italiano di ‘chiudere i porti’  all’attracco della nave con oltre 600 migranti a bordo; sindaci del Sud Italia, tra cui quelli di Palermo, Napoli e Reggio Calabria invece, hanno dato la disponibilità ad accoglierli. Lei cosa ne pensa?

“La questione è molto seria. L’ Italia ha dato tantissimo in questi anni. Uno sforzo che ha permesso di salvare migliaia di vite in mare. Questo non deve giustificare la violazione di norme internazionali, chiudendo i porti e lasciando in mare oltre 600 persone, tra cui donne incinte e bambini. La scelta del ministro degli Interni Salvini non l’ho condivisa, ma di certo ha avuto un nuovo risvolto rispetto al dibattito internazionale. Un atto non corretto ha posto la questione in modo più duro e più serrato. Il Parlamento europeo mesi fa, ha iniziato a ridiscutere la riforma del regolamento di Dublino. Quindi suggerirei al ministro Salvini, piuttosto di creare strumentalizzazioni politiche, di far sentire la propria voce al Consiglio europeo, per avere norme più chiare e decisioni più rapide, perché l’Europa non può stare a guardare come ha fatto in questi anni, lasciando il peso dell’accoglienza esclusivamente sull’Italia. E’ vero che il flusso migratorio ha carattere epocale perché vede spostarsi intere regioni dal sud del mondo, ma noi siamo un continente aperto rispetto al dramma umanitario di questa gente, e quando si tratta di salvare vite umane non c’è principio politico che tenga.”