Ce ne sono altre e probabilmente anche di più vecchie. Intanto la più recente quercia secolare, scoperta nel Parco Nazionale dell’Aspromonte, è stata sottoposta a datazione e ha circa seicento anni di vita. E’ tra le cinque più vecchie del mondo.
Un’altra scoperta sensazionale nel complesso boschivo aspromontano che continua a suscitare interesse non soltanto a livello nazionale. Il demanio forestale dell’Aspromonte, infatti, presenta diverse specie di alberi che sono stati rinvenuti negli ultimi anni e motivo di forte attenzione del mondo scientifico e non. Sono alberi secolari o di pregio, come i pini molto vetusti e i faggi di quattrocento anni o come le querce che sorgono in zone protette. E’ solo una questione di tempo, di ricerche e di studi, poter capire sempre più a fondo la crescita di queste specie, per arrivare a trovare alberi ancora più vecchi.
Gianluca Piovesan, del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università della Tuscia e coordinatore del progetto “Italian Mountain Lab” (Laboratorio delle Montagne Italiane), ci spiega che negli alberi non c’è una relazione diretta tra dimensioni ed età; non è così che, ad esempio, più la quercia è grande più è vecchia; l’età, invece, dipende dall’ambiente dove vive, che dice molto sulla potenzialità della longevità di un albero.
La longevità, inoltre, dipende da tanti fattori e non solo dalle dimensioni, perché generalmente gli alberi che diventano più vecchi sono quelli che crescono più lentamente e il ritmo di crescita varia per diversi fattori. Anzi, frequentemente, gli alberi più vecchi non sono più grandi e quando si parla di età così avanzate non sono alberi grandissimi quelli che raggiungono una lunga vita.
“Noi abbiamo fatto subito dei rilievi e delle ricerche dopo aver scoperto questa nuova quercia secolare – evidenzia Piovesan – perché alberi naturalmente vecchi hanno tutta una serie di caratteri da prendere immediatamente in considerazione, come il portamento, dalla chioma a tutto il resto. E’ importante datare questi alberi, perché sapere i ritmi della natura ci permette successivamente di fare le scelte giuste per conservare i cicli naturali e tutta la biodiversità che questi alberi racchiudono. Sapere che in Aspromonte ci siano queste Aree Protette, rende questa montagna unica e importantissima dal punto di vista della conservazione della biodiversità e non solo in Calabria ma anche in Europa”.
Com’è avvenuta la scoperta di questa nuova quercia?
”Ci stiamo occupando nella foresta demaniale dell’Alto Aspromonte, insieme a tutti i partner coinvolti, con in testa l’Ente Parco nazionale dell’Aspromonte, il Comando Carabinieri per la Tutela Forestale e con l’Università della Tuscia, della candidatura di ‘Valle Infernale’ per inserirla nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco. Ci stiamo impegnando anche per espandere questo patrimonio aspromontano alle faggete vetuste d’Europa. E’ in atto una revisione, un’espansione della rete portata avanti dagli svizzeri e dai francesi. Stiamo producendo un dossier di candidatura che poi sarà revisionato dall’UGM, organismo dell’Unesco, che si occupa di valutare se la proprietà di integrità ecosistemica è presente nell’aria.
A noi dell’Università della Tuscia è stato dato questo incarico perché ci occupiamo da oltre trent’anni di boschi vetusti, di studio e promozione di patrimoni dell’umanità e l’Aspromonte rientra tra le aree con queste caratteristiche. D’accordo con i Carabinieri Forestali, perché l’area è all’interno della foresta demaniale gestita da loro, in sintonia con il Parco Nazionale d’Aspromonte, abbiamo proposto di espandere questa rete di patrimoni dell’umanità sul territorio aspromontano, che diverrebbe il ciclo più meridionale delle faggete vetuste d’Europa. Inoltre, c’è un interesse grande dal punto di vista dei cambiamenti climatici, per capire cosa stia accadendo in queste faggete che sono un po’ al limite della distribuzione in un’area che, durante le glaciazioni, di oltre quindicimila-ventimila anni fa, ha costituito un’isola di rifugio per il faggio. In Aspromonte sappiamo che si è rifugiato il faggio perché questo tipo di ambiente era protetto. Noi abbiamo già cartografato l’area ‘Valle Infernale’ e abbiamo pure individuato la più alta naturalità che si trova tra il comune di Samo e San Luca. Durante i rilievi, oltre che studiare il faggio e le faggete, ci siamo imbattuti in un bosco vecchio di faggio e di grandi roveri. Con i fisici di Lecce del Centro di Fisica Applicata, di Datazione e Diagnostica dell'Università del Salento, abbiamo preso una porzione di legno da questa nuova quercia scoperta, che ha quasi due metri di diametro, che si trova appunto nella ‘Valle Infernale’; quest’albero, che è stato datato utilizzando il metodo a radiocarbonio, è risultato di oltre 560 anni fa; è, perciò, una datazione scientifica che ci dà il tempo della vita di quest’albero che, in sostanza, è stato lì dove l’abbiamo trovato dalla seconda metà del 1400 in poi; ci fa sapere di più su luoghi così naturali e selvaggi”.
Quali sono le caratteristiche principali di questa quercia?
“E’ una quercia rovere. Ciò che ha attirato la nostra attenzione, dentro una foresta in Aspromonte, è che aveva dimensioni inusuali per un albero che cresceva in un bosco. Questo tipo di alberi non solo racchiudono tanta biodiversità ma anche permettono la vita di tante altre specie che, altrimenti, non sarebbe possibile conservare all’interno del Parco. Questi alberi sono come degli ‘archivi’ naturali e sapendo leggere i loro anelli, con tecniche abbastanza sofisticate e con analisi chimiche, è possibile ricostruire l’ambiente del passato e vivendo in spazi all’interno della montagna sono dei ‘testimoni’ molto importanti, sono come ‘la biblioteca del passato’. Con la disciplina della dendrocronologia, dando per certo che c’è la possibilità di estrarre del legno integro, si può ricostruire da questi alberi pure il clima del passato, la storia dell’ambiente e con altri procedimenti possiamo venire a conoscenza di come è cambiato l’ambiente, per esempio dal Medioevo ai giorni nostri. In Aspromonte, oltre a ciò, è stato fatto un significativo lavoro di ricognizione degli alberi monumentali, portato avanti dal professore Giovanni Spampinato e da altri botanici calabresi”.
La quercia come dovrà essere salvaguardata?
“Senza ombra di dubbio va salvaguardata naturalmente, così come si è mantenuta per sei secoli; è dentro un’area di riserva integrale, quindi non si può accedere in quell’area. E’ in una località segreta e non corre nessun rischio dal punto di vista della protezione. Bisogna lasciare che la natura faccia il suo corso e non bisogna disturbare l’area con nessun tipo d’impatto, come del resto è stato fatto fino ad oggi. Bisogna soltanto lasciare il bosco alla sua evoluzione naturale. Ci sono tante specie di querce nell’Aspromonte, come le querce sempre verdi, il leccio e la sughera. Si trovano anche le specie come la rovere, è molta ricca la biodiversità e in tutti i casi abbiamo alberi molto maestosi”.
Come si può mitigare in Aspromonte l’impatto dei cambiamenti climatici?
“Il bosco sta rispondendo molto bene in Aspromonte ai cambiamenti climatici soprattutto in montagna, per cui non ci sono problemi di deperimento del bosco; lasciarlo che evolva naturalmente è la migliore strategia per garantire un futuro alle foreste dell’Aspromonte e in questo modo il bosco sa trovare risposte anche a cambiamenti climatici importanti. Non ci sono problemi di collasso degli ecosistemi forestali sulla montagna aspromontana che, nell’insieme, continua a rispondere molto bene”.
Cosa si farà in Aspromonte per lo sviluppo sostenibile rispetto all’Agenda 2030?
“Innanzitutto il punto centrale dell’Agenda 2030 è rappresentato dall’Obiettivo 15 dell’Agenda, cioè la vita sulla terra, per cui anche qui in Aspromonte la vera sfida è conservare la biodiversità del pianeta e proteggere la montagna e l’Aspromonte sta già contribuendo a questo obiettivo. Conservare gli ecosistemi è pure la sfida principale delle società che si evolvono; ogni società sta aumentando di numero e non solamente in Italia ma nel mondo si sta erodendo il patrimonio naturale. L’Aspromonte con il suo Parco, invece, sta contrastando questo processo perché un pezzo di natura è incontaminata e ben conservata nel cuore del Mediterraneo; le foreste che stanno ricrescendo naturalmente contribuiscono a mitigare il cambiamento climatico e cercano di contrastare uno dei problemi maggiori dei nostri tempi, che è l’aumento di CO2 nell’atmosfera e causa di riscaldamento. Tutto il resto è un discorso strettamente legato all’acqua; in Aspromonte scorre lungo le fiumare in ambiente Mediterraneo, è di altissima qualità, è una risorsa importantissima”.
La foresta dell’Aspromonte si candida a essere un luogo privilegiato per studiare la natura e l’ambiente?
“Stiamo valutando di avviare in Aspromonte, a giugno di quest’anno, una scuola internazionale per la conservazione della natura dove, coinvolgendo le università calabresi, faremo dell’Aspromonte una ‘palestra’ in cui le generazioni imparino a studiare la natura ma anche a concertarla per un futuro sostenibile; una scuola in cui i giovani ricercatori si possano applicare su come si studia e si conserva la biodiversità in montagna. L’Aspromonte è un’area strategica sotto ogni punto di vista nell’Agenda 2030, anche per quell’area che riguarda la sfera socio-economica. E’ un’idea, la scuola, che abbiamo già partecipato ai referenti del Parco nazionale dell’Aspromonte. Si potrà dare vita a una summer school, una settimana estiva di studio rivolta agli studiosi che in Aspromonte con i docenti apprenderanno gli ecosistemi, ne valuteranno lo stato di conservazione e su come essi rispondono ai cambiamenti climatici; in questo progetto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, finanziato a tre università italiane tra cui rientra l’Università della Tuscia, voluto anche per portare l’innovazione in montagna, abbiamo individuato l’Aspromonte come un’area da valorizzare sul tema della conservazione della biodiversità”.
E le querce secolari sono certamente un aspetto peculiare di biodiversità nel Parco nazionale dell’Aspromonte. “Come tutte le piante secolari rappresentano una nicchia ecologica, hanno avuto e hanno un ruolo, la pianta in se stessa – sostiene Antonino Siclari, responsabile del servizio Biodiversità del Parco – è un riparo per gli uccelli, per i micro mammiferi, è con le ghiande fonte di nutrimento di molte specie animali come i roditori. Queste piante hanno sul territorio un loro valore nel complesso boschivo ma questo vale per tutte le specie”.
C’è altro patrimonio importante, per così dire “nascosto”, che deve essere svelato in Aspromonte?
“Sulla fauna c’è tantissimo, stiamo scoprendo – ammette Siclari – nell’ambito dello studio e del monitoraggio di specie nuove che l’Aspromonte ancora è uno scrigno da aprire pieno di novità e di cose interessantissime; le sue condizioni geologiche, la sua esposizione gli consentono di avere moltissimi endemismi tipici del territorio. Noi, ogni giorno, con qualunque tipo di attività di studio e monitoraggio che facciamo, troviamo spunti e cose nuove sempre molto interessanti”.
Quale valore culturale e scientifico conserva l’Aspromonte?
“Ha un valore culturale perché è una terra che ha una sua storia significativa. Basti pensare agli itinerari che consentono di attraversare gli insediamenti di origine Bizantina, Romana e Greca. Stiamo anche individuando siti che, in accordo con la Sovrintendenza archeologica calabrese, andremo a datare, parliamo di alcuni siti di epoca Greca. Dal punto di vista scientifico – aggiunge Siclari – c’è un mondo da scoprire con tanta diversità che non è affatto scontato, che potrà dare moltissime soddisfazioni. Se riusciremo a lavorare in questo modo per altri dieci anni potremo regalare un’altra bella immagine dell’Aspromonte e della Calabria, senza nulla da invidiare a nessuno. Siamo già per il mondo scientifico in un contesto in cui possiamo avere un ruolo per le Aree Protette, un ruolo che è anche decisionale sulle scelte strategiche per i territori. Il lavoro che stiamo svolgendo ce lo stanno riconoscendo in tanti, compresi i partner nazionali e regionali che lavorano con noi”. Con una foresta molto vasta e zone impervie, conserva tuttora un fascino straordinario la montagna dell’Aspromonte. Basta inerpicarsi lungo i sentieri o fare una sosta per un picnic, si rimane immersi in luoghi incantevoli. La montagna dell’Aspromonte e i suoi territori hanno in chiave turistica la rarità di essere anche poco distanti da diverse località balneari, offrono così una ghiotta opportunità per tanti viaggiatori in cerca di entrambe le mete, mare e montagna, contengono molteplici risorse e aspetti che potranno essere valorizzati e implementati.
“Per noi è un progetto ambizioso, una sfida difficile, ma proprio per questo maggiormente appassionante – precisa Domenico Creazzo, vicepresidente del Parco Nazionale dell’Aspromonte – e lo sforzo umano e professionale collettivo richiesto continuerà a vederci impegnati prima con azioni di preparazione dei risultati, poi con attività di conservazione e di monitoraggio dei risultati conseguiti.
Il nostro progetto, nei suoi tanti e complessi obiettivi, evidenzia anche come la presenza del Nibbio reale, che si spera ritrovi presto popolazioni vitali in Aspromonte, possa rappresentare un altro richiamo turistico, a vantaggio degli operatori del territorio; l’abbiamo detto più volte: l’azione nelle Aree Protette, a stretto contatto con chi vive e lavora nel Parco, punta a incrementare sempre più – sottolinea Creazzo – il turismo sostenibile, ricchezza delle nostre zone e speranza per il futuro. L’Ente Parco ci crede e vogliamo che questa nostra visione sia sempre più condivisa.
Per il Parco dell’Aspromonte il 2019 si è chiuso con l’attestazione di un impegno costante, con un eccellente lavoro di tutela del patrimonio naturalistico e ambientale delle Aree Protette. Un anno intenso e proficuo sotto l’aspetto della tutela della biodiversità con progetti scientifici e di monitoraggio che consolidano l’impegno e la valenza internazionale dell’Ente, e anche nella valorizzazione del territorio.
Ci sono pure progetti relativi alla nuova sentieristica, alla ciclovia, alla mobilità sostenibile e alle infrastrutture verdi, alla crescita turistica e alla promozione dei prodotti identitari: circa trenta milioni di euro – conclude Creazzo – che contribuiranno a creare percorsi di sviluppo sostenibile e compatibile con la vocazione del nostro territorio, contribuendo a contenere lo spopolamento delle aree interne e infondendo speranza nelle nostre comunità”.
*Fonte foto: Gianluca Piovesan