
E così, per trasformare l'assenza in bellezza, il 10 novembre 2015 i Mattanza hanno calcato ancora una volta il palcoscenico insieme, al teatro Cilea di Reggio Calabria per ricordare Mimmo Martino nel giorno del suo sessantesimo compleanno con l'iniziativa “Dipinto di Rosso”. Nel mezzo un tempo di riflessione da parte dei componenti dei gruppo su come proseguire il progetto. “Abbiamo da subito creduto di non dover sostituire Mimmo – prosegue Lo Cascio -, anche perché insostituibile. Questo si è tradotto nell'andare avanti con le nostre forze e con il trasformare il progetto in qualcosa di nuovo, pur mantenendone la natura fondata sul recupero e la valorizzazione della letteratura popolare”.

Un progetto polifonico, trainato dalla presenza del “maestro” Mimmo Martino che a partire dal 1976, assieme ai suoi musicisti, si è impegnato a ricostruire attraverso un attento lavoro di ricerca un linguaggio popolare, un vocabolario del Sud fatto non solo di parole, ma anche di suoni, nenie, poesie e filastrocche, per sottrarle all'oblio. Un progetto che si basa sulla storia non scritta. Per fare ciò ha attraversato la Calabria per ascoltare la gente, alla ricerca di storie e racconti della tradizione orale. “Una ricerca non scientifica, ma una raccolta di emozioni degli anziani dei paesi che visitava” - ricorda Claudio Martino, suo figlio”. Storie che Mimmo Martino sceglieva di non riraccontare allo stesso modo, ma utilizzando un linguaggio diverso che potesse rendere il testo più comprensibile e fruibile da tutti. Ad arricchire il metodo di raccolta dei testi, nonché il repertorio letterario dei Mattanza, l'incontro con l'antropologo Luigia Lombardi Satriani, ordinario di Etnologia all’Università la Sapienza di Roma, che – come sottolinea Claudio Martino - “ha dato un indirizzo più preciso alla ricerca ed ha permesso di raccogliere testi ancora più antichi che col tempo si sarebbero persi”. Ne è un esempio “Un servu e un Cristu”, antichissimo testo popolare siciliano, pubblicato da Leonardo Vigo nel 1850, che nella versione dei Mattanza include il riferimento alla censura da parte della Chiesa.

La maggior parte del repertorio dei Mattanza attinge da testi tradizionali – non solo calabresi -, rivisitati per essere resi più comprensibili anche perché – come ribadisce MarioLo Cascio - “il dialetto calabrese è tra più duri”, o da testi della letteratura calabrese. Si pensi a “Ricchi e povari” da una poesia di Salvatore Filocamo. Parallelamente, a livello musicale, il lavoro dei Mattanza si è tradotto nella ricerca di un linguaggio sofisticato, nuovo ed accessibile a tutti. “Negli anni – sottolinea Lo Cascio – nei Mattanza sono transitati i migliori musicisti di Reggio e non solo, ognuno dei quali ha dato il suo contributo anche alla nascita di questo linguaggio”. “Mimmo diceva sempre che la musica è come un quadro”, - ribadisce Roberto Aricò, da 10 anni bassista, contrabbassista e corista dei Mattanza, nonché presidente dell'associazione culturale “Mattanza” fondata con Mimmo Martino -, per questo voleva che considerassimo gli strumenti come colore, non come tradizione”. In tal senso riemerge la centralità della parola, del testo su cui – aggiunge Aricò - “ogni strumento si mette al servizio perché venga fuori”. Al centro la storia di un popolo, la storia del Sud d'Italia, colma di ricchezza e fascino, e la lotta portata avanti in 20 anni dai Mattanza contro l'appiattimento della cultura.
Ricca la discografia. È del 1997 il primo disco “Razza Marranchina-il Popolo racconta”, auto-prodotto dall’associazione culturale Mamau, del 2012 l'ultimo “Cu non ha non è”. Discografia che arriva all'apice con “Nesci suli”, disco/manifesto del 2013 di grande impatto emotivo.
Attualmente i Mattanza sono impegnati a portare avanti il tour “InVita”, che racchiude il meglio della loro produzione musicale più alcuni brani nuovi. Tra questi brani ripresi dall'archivio di Mimmo Martino, già messi in cantiere datempo ma mai registrati; brani rivisitati sulla base del nuovo linguaggio musicale del gruppo e brani donati da altri artisti (come “Malaluna” e “U carzeratu” del siciliano Alfonso Moscato). Nei mesi scorsi, inoltre, è stato ripreso lo spettacolo "Cantu da Passioni" – concerto-teatrale con la partecipazione dell'attore reggino Lorenzo Praticò – che trae ispirazione da uno dei testi più interessanti della tradizione popolare calabrese che racconta lo scandire delle ultime ore terrene di Gesù, “U rivoggiu da Passioni”, un intenso racconto del dolore delle donne rivisto in quello della madre di Gesù.
Il gruppo dei Mattanza è composto da: Emiliano Laganà (batteria, vibrafono, marimba, percussioni), Gino Mattiani (tastiera, fisarmonica, fiati, voce), Giacomo Farina (percussioni e rumori), Rosamaria Scopelliti (voce, percussioni), Fabio Moragas (chitarra battente, mandola, voce), Roberto Aricò (basso e contrabbasso elettrico), Mario Lo Cascio (chitarra, lira calabrese, voce).