Sartano, è una piccola frazione del comune di Torano, e ancora oggi presenta le antiche dimore costruite con mattoni crudi di creta e paglia detti “mattunazzi”.
Costruire in terra cruda era un pratica molto diffusa in Calabria tra il XIX e il XX secolo e soprattutto nella Valle del Crati. La tecnica è molto antica, ed è ancora utilizzata in molti paesi dell'Africa settentrionale e in alcuni zone del sud America. Malgrado le apparenze costruire in terra cruda significava realizzare opere a bassissimo costo utilizzando elementi naturali e garantire un discreto isolamento termico sia mesi invernali che durante la stagione estiva. La particolarità della loro struttura è consistita nell’utilizzo del fango come legante, grazie all’immediatezza del materiale argilloso e della sia facile adattabilità. Oggi nel territorio calabrese rimangono poche tracce di queste costruzioni in mattunazzi, termine usato prevalentemente nell’area valle del Crati.
Il termine “bresta” è più frequente nel centro-sud della regione, viene utilizzato sia in isolate località della costa ionica(Siderno), che in aree più estese del versante tirrenico (Piana di Gioia Tauro, Alto Mesima, Promontorio del Poro, Vibonese), il termine “bisola” è invece ricorrente nell’area dello Stretto. Nonostante le differenze terminologiche per la realizzazione del mattone la metodologia era identica. La terra veniva prelevata in apposite cave e ripulita da pietre e altre impurità, e successivamente sistemata in uno scavo piuttosto largo e poco profondo. Questa area serviva per stendere dentro il materiale terroso idratandolo con abbondante acqua e miscelando contemporaneamente altri componenti naturali adoperati in grossa percentuale qualora il terreno si fosse presentato molto argilloso. Nell’intorno della Valle del Crati e precisamente nei territori di S. Marco Argentano, Cervicati, Cerzeto, Mongrassano e Sartano invece veniva prediletto l’utilizzo di inerti vegetali quali paglia e pula di grano; sabbia e pietrisco di varie dimensioni sono invece preferite tra le murature del reggino, dove l’impasto soleva essere trattato anche con calce o pozzolana. Il composto veniva a questo punto impastato e lasciato a riposo per alcune ore affinché l’idratazione delle singole particelle fosse più completa, e quindi riposto negli stampi e successivamente alla loro rimozione, lasciato asciugare al sole.
La sorprendente resistenza di questo materiale e l’interessante applicazione della tecnica di costruzione traccia la coscienza folkloristica del crudo in Calabria.