Quando l’incontro tra culture diverse ma per alcuni aspetti simili può far nascere un’iniziativa che abbraccia il Sud al Nord d’Italia per recuperare la cucina ancestrale.
Un gruppo di professori dell’Università di Belluno presenti in Calabria per una ricerca sul recupero dello strumento musicale della lira calabrese sono rimasti attratti e incuriositi dalle pagine social dell’offerta gastronomica proposta dallo chef Francesco Trichilo del ristorante “u Ricrìju” di Siderno, tanto da percorrere molti chilometri dalla provincia di Cosenza sino alla costa dei gelsomini, pregustando una cucina improntata al recupero di materie prime e cotture degli antichi sapori culinari grecanici.
Al loro arrivo, come di consueto accade al Ricrìju, sono stati accolti dallo chef Trichilo che gli ha proposto un classico menu e a ogni portata si è soffermato a raccontare la storia del prodotto servito e il suo valore sociologico, evocando tempi andati con grande capacità di comunicazione. Un storytelling dei rituali secolari di ricerca etno-gastronomica sui cibi e gli usi culinari che persistono nell’area magno grecale e gracanica reggina che ha attratto i docenti e ha impreziosito il pranzo. Ma giunti all’epilogo, la sorpresa che non ti aspetti, l’altra passione dello chef Trichilo per gli strumenti musicali, esibiti in un’apposita bacheca del ristorante, scomparsi nel tempo come la lira, oggetto di studio dei professori dell’Università di Belluno, che si sono ritrovati ad ascoltare le produzione di antichi canti regionali, anche in vernacolo, cantate dall’eclettico chef. Da questa esperienza vissuta dai docenti e dal racconto antropologico prezioso del chef Trichilo è scaturito un progetto di “Sapori e musica dell’area magno grecale e grecanica” inserito nella sezione comprendente “Il Filo d’Arianna” nell’ambito dei programmi dell’Università popolare di Belluno.
Abbiamo chiesto alla referente universitaria, la docente Rosetta Girotto Cannarella, di illustrarci il programma che comprende il progetto “Il filo d’Arianna” e quali sono le sue finalità?
Attraverso “Il filo d’Arianna”, sezione nell’ ambito dei programmi dell’Università popolare di Belluno (Auser), si trattano una serie di argomenti che dimostrano la persistenza dell’antico e la sua attualità in molte manifestazioni della cultura e della vita materiale di oggi, tali da accompagnarci lungo percorsi interessanti, documentati da fonti scritte e arricchiti da immagini, riflessioni, constatazioni , apporti di esperienze personali e visite guidate nei luoghi più significativi. Nel corso degli anni abbiamo approfondito l’importanza del mito greco nel pensiero occidentale, cercando di tornare alle radici della nostra cultura e di ritrovare, nelle sue epocali trasformazioni, le espressioni di una civiltà che ha creato una “architettura dello spirito” che sentiamo appartenerci. In questa prospettiva ci siamo occupati di usi e costumi riguardanti il cibo presso i popoli antichi e di “arte culinaria”, tramandata nelle ricette greche e romane.
Questo viaggio nel gusto e nelle tradizioni dei popoli, accompagnato dalla curiosità e da nuove esperienze vi ha portato sino in Calabria e nella costa dei gelsomini per conoscere e assaggiare l’arte culinaria dello chef Trichilo.
Sfogliando il ricettario di Apicio , i manuali di Catone e di Varrone, curiosando tra le pagine dell’opera di Ateneo, dedicata alle opinioni e alle disquisizioni di saggi, che prendono spunto da cibi e bevande presenti nel banchetto, abbiamo conosciuto gli alimenti base e le ricette degli antichi, abbiamo condiviso la “filosofia culinaria” di Archestrato di Gela e di altri cuochi greco- siculi, famosi per la loro arte e abbiamo constatato che molte cucine regionali hanno mantenuto inalterati stili di cottura, rituali di preparazione delle materie prime, uso di condimenti, spezie e aromi, associazione di sapori, modalità di presentazione dei piatti, oltre che piccoli segreti utili per la coltivazione delle piante e l’allevamento degli animali. La curiosità di saperne di più e di sperimentare dal vivo quanto appreso nei testi ci ha portato fino in Calabria, nell’area magno-greca, e abbiamo scelto lo chef Francesco Trichilo, figlio di questa terra, già noto ad alcuni bellunesi per le prelibatezze gustate nella trattoria che gestisce personalmente.
Durante il pranzo a Siderno le aspettative sono state ampiamente soddisfatte tanto da aver proposto allo chef Trichilo un’iniziativa culinaria da tenersi a Belluno.
Non potevamo fare a meno delle sue competenze per trattare l’argomento e la sua immediata disponibilità ha creato un certo entusiasmo e un’aspettativa, che non è andata delusa al momento del banchetto, rivelatosi, come preannunciato nel depliant distribuito per l’occasione: “…Non un pranzo, ma un’esperienza”. Auspico che questa esperienza unica possa essere anche ripetibile.
Chef Trichilo, lei con la sua professionalità è riuscito ad abbracciare il Sud al Nord con sapori e musica dell'area magno grecale e grecanica e l’iniziativa all'Università popolare di Belluno le ha consentito di far conoscere ed esaltare le materie prime del territorio reggino, recuperando la cucina ancestrale e mettendo nel piatto tutta la sua esperienza acquisita nel tempo.
L’invito dell’Università di Belluno l’ho accolto con favore, consapevole delle distanze e della sfida da affrontare. Ma sono abituato alle competizioni internazionali di arte culinaria che puntualmente partecipo come team manager dell’equipe regionale dei cuochi calabresi e questo progetto mi ha consentito di far incontrare due culture che mirano allo stesso obiettivo: conservazione e tutela della cucina ancestrale sedimentata nei ricordi infantili, quando in tavola c’erano prodotti selvatici che il territorio offriva e che in parte possiamo ascrivere alla dieta mediterranea. Mi sono trovato a condividere saperi e sapori antichi, la mia filosofia di vita a contatto con la natura e nel rispetto dell’ambiente, in una location quale la sede Auser Monte Sperone, allestita in un vero e proprio “simposio”, nella quale non è mancato neppure, secondo l’antico uso greco, il vino locale calabrese.
Il menu proposto è stato accompagnato da un suo racconto antropologico per esaltare i prodotti identitari e per far conoscere le tradizioni culinarie dell’area grecanica, accompagnato da antichi canti con la lira.
Ho presentato le pietanze che puntualmente propongo al Ricrìju con una preparazione a vista, esaltando le proprietà nutrizionali e le caratteristiche storiche e antropologiche. Con l’aiuto di Domenico Catanzariti abbiamo aperto il convito come nei banchetti romani, “ab ovo” cioè con gli antipasti, per finire “ad mala”, alla frutta, sorseggiando un liquore al bergamotto dall’inconfondibile aroma della nostra terra. L’attenzione è stata massima per dare risalto anche ai colori: il verde scuro delle olive, il formaggio bianco tenero, il rosso dei pomodorini, vari crostini, il pane con il miele, la ‘nduia, la soppressata, le salsine e la ricotta bellunese sapientemente trattata secondo la nostra tradizione. Un primo assaggio di mescolanza dolce-piccante, contrasto che tanto piaceva a greci e romani.
Un viaggio nel gusto che è proseguito con altri piatti forti tradizionali e delle sorprese che hanno deliziato le papille gustative e gratificato corpo e… spirito.
Non poteva mancare tra le pietanze la capra cucinata seguendo i metodi di una ricetta greca risalente al V sec. a. C., accompagnata da aromi vari e servita con gesti che ricordavano la ritualità della mescita del vino dal grande cratere del simposio alle coppe dei convitati. Con il saporito brodo di cottura della capra, abbiamo preparato una minestra, sperimentando nuove sensazioni di gusto per il palato, pensando alle proprietà “sananti” delle famose “tisanae” (minestre) catoniane, consigliate, come suggerisce il nome, per gli effetti emollienti e benefici sulle funzioni digestive. Il tutto accompagnato da un bicchierino di enomiele (vino e miele) che ha trasportato i presenti sulla cima dell’Olimpo, dove gli dei immortali, nel corso dei loro banchetti, si cibavano quotidianamente di ambrosia e nettare. Infine, la preparazione del dolce, antenato della crema catalana e della crème brûlée francese.
Ma lei non ha soltanto presentato le sue competenze enogastronomiche, a conclusione del convito si è esibito con gli strumenti musicali ormai scompari che sono l’altra sua passione.
Sì, rappresentano una parte di me. Con Domenico Catanzariti abbiamo deposto la divisa da cuochi e ci siamo trasformati in aedi, cantori del folklore e fini dicitori di poesie scritte in grecanico, lingua ancor oggi parlata in alcune zone del reggino. Sono felice di aver sposato questo progetto per la magia che si è creata con gli antichi canti regionali, suonando la lira calabrese, strumento oggi scomparso, rievocando le poesie di Salvino Nucera, nostro poeta locale, interprete della natura e dei sentimenti più profondi dell’animo umano, mettendoci la stessa passione con la quale avevano “condito” le pietanze. Il cibo non è soltanto materia, alimento del corpo, ma ha un’anima antica ed è veicolo di cultura, difesa di tradizioni storiche e conservazione di identità e la sua condivisione anche in questo caso ha generato scambi di idee, allargato le conoscenze, dando vita a solide amicizie.