L’antologia, edita dalla casa editrice romana Edizioni della Sera, raccoglie i racconti dedicati da 22 autori calabresi alla loro terra.
Da questo lembo di terra magnogreca calata nel mare, virgola ossuta agganciata tra lo Ionio e il Tirreno dalle schiene nerborute della Sila e dell’Aspromonte, si innalza un canto di vita e speranza, di condanna rabbiosa e disperata resistenza che risuona agli occhi del lettore come un odi et amo senza tempo.
L’ultimo viaggio emozionale nel cuore nell’antica terra dei Bruzi prende forma tra i ventidue racconti dell’antologia Calabresi per sempre, edita dalla casa editrice indipendente Edizioni della Sera diretta da Stefano Giovinazzo (pag.150 euro 12,00), in libreria dallo scorso giugno. A cucire storie di partenze e di ritorni, balenii di vita quotidiana che affiorano come solleticati dal profumo di aranci e di ginestre, cedri, bergamotteti, verdi foreste e brezza marina, sono ventidue autori nati in Calabria e che in Calabria hanno vissuto prima di salutare, alcuni di loro, l’amata terra in cerca di fortuna altrove, emigrati ancor prima dei migranti.
Tra i ricordi di Anna Alagi, Angela Altomare, Alessia Antonucci, Rosalba Baldino, Domenico Bilotti, Davide Carpino, Martino Ciano, Cetta De Luca, Francesco Forestiero, Maura Gigliotti, Fiorella Lorenzi, Aldo Mazza, Elisabetta Motta, Maria Parafati, Stella Romano, Adriana Sabato, Nunzio Scalercio, Rossana Scarcelli, Enrica Tancioni, Massimo Valentini, Mariagiulia Votta, è racchiusa tutta la dolcezza di ricette antiche, tradizioni di paese, infanzie lontane.
Un treno in partenza, sospinto da colpi di “vatinni” - che chiudono dentro una valigia di cartone legata con lo spago pezzi di Calabria da portare nella “Merica”- non basta a recidere radici troppo dure, simili a quelle degli alberi di bergamotto.
Come non bastano i “voli che pompano verso Nord false illusioni” o il treno del racconto “Uno sputo di coscienza”, che si porta via il protagonista come l’Epifania fa con le feste, lasciando in paese solo le luminarie appese, “attorcigliate in balia della brezza che non ha colore”.
Nostalgia e rabbia si aggiungono alla sinfonia di sensazioni racchiusa tra i racconti. “Così è il paese da cui sto partendo. A tutti va bene tutto, e tutto sta per ogni cosa che abbia o non abbia un ‘anima, che sia in cielo o che si in terra, che sia stata creata o che sia solo stata pensata. Eppure, proprio qui, per la prima volta ho imparato a giocare, ho imparato a sognare...Io sono la mia Calabria...scacciato fin dalla nascita e allevato con questa idea della fuga, del dover sparire da questa terra di mare, di montagne e coste frastagliate”.
Merende antiche, lagane e ceci, morzeddhu ‘cca pitta e sardelle, teste chinate, mani sul petto, “viva Maria” si intrecciano a persone e oggetti che sopravvivono nel lessico che sa di casa e sole. Mani ruvide e fianchi larghi, visi mediterranei, carnagioni scure e cuore grande si mischiano a saperi e sapori in case dove “l’infanzia ha il passo lungo quando la miseria è una chela che sminuzza la carne”.
In una terra “amara”, tutta partenze e ritorni mancati, non rimangono che viaggi, assenze, sedie vuote davanti alla porta delle case, mischiati ai ricordi di giornate scandite dal lavoro nell’orto, dai panni lavati all’aperto, dalla sveglia all’alba. Ma non manca la voglia di provare, più forte della paura di fallire.
“Non appena sono stato contattato dall’editore Stefano Giovinazzo - confessa il curatore di Calabresi per Sempre, Francesco Forestiero, autore anche di uno dei ventidue racconti - ho subito accolto la sua proposta. Ho avvertito una grande voglia di fare, ma anche una certa paura. Mi sono chiesto: sarò capace di realizzare davvero un’opera che rappresenti la Calabria e i calabresi? Per fortuna questo dubbio, giorno dopo giorno, si è sciolto come neve al sole. Una volta selezionati i racconti, grazie all’aiuto preziosissimo di Viviana Calabria e di Loredana Cella, l’emozione è diventata consapevolezza di aver realizzato una bella antologia, un’opera che, sono certo, rappresenta molto la Calabria, i calabresi e il loro modo di pensare. Alla fine ho provato un senso d’appartenenza che forse non avevo mai provato prima”.
Ad abbracciare i racconti, la prefazione di Mariarosaria Gaìro - voce storica di RLB - e la postfazione di Fortunato Amarelli.
“Essere calabrese - scrive Amarelli - è un urlo di speranza e di tenacia. Un urlo che ha accompagnato da sempre la mia vita. Essere calabrese è uno stato d’animo, un concentrato di sentimenti effimeri e marcati, una ragnatela di emozioni forti che vengono fuori da tutti i racconti di questo testo”.