Primavera 2021, ancora è piena emergenza Covid, con oltre 20 mila contagi giornalieri e più di 400 morti ogni 24 ore. La comunità scientifica prosegue il suo intenso lavoro alla ricerca di soluzioni efficaci e nel mondo della sanità pubblica si registra il massimo impegno, a tutti i livelli, per sconfiggere la pandemia.
Ne parliamo con il dottor Sandro Giuffrida, Direttore Dipartimento Prevenzione dell’Asp di Reggio Calabria. Direttore, apriamo la nostra intervista con qualche informazione di carattere generale. Quanti e quali vaccini sono stati approvati dall’Ema e, quindi, sono utilizzati in Italia?
Attualmente sono tre: Pfizer, Moderna e AstraZeneca. I primi due sono vaccini a Rna Messaggero, costituiti da nanoparticelle lipidiche che trasportano l’informazione che serve alle nostre cellule per produrre la proteina Spike, che sta nella superficie del virus e contro la quale il nostro organismo sviluppa gli anticorpi.
E AstraZeneca?
Usa altro meccanismo. Qui il trasportatore è un Adenovirus reso inattivo. Anche questo vaccino conduce alla produzione della proteina Spike.
AstraZeneca ha subito un’interruzione temporanea delle somministrazioni a causa dei alcuni episodi trombotici, che sono avvenuti nel breve tempo successivo alla vaccinazione. Ora è stato reintrodotto, ma non in tutti gli stati. Scientificamente non è stata provata connessione con le patologie sviluppate, ma c’è molto scetticismo tra i non appartenenti al mondo scientifico. È un vaccino sicuro?
La sicurezza è data esclusivamente da dati scientifici. Se scientificamente non è rilevata correlazione tra vaccinazione ed episodi trombotici, se ne deve prendere atto. Si tratta di una coincidenza di tipo temporale. Statisticamente questi episodi trombotici avvengono nella stessa misura nei soggetti che hanno fatto AstraZeneca e Pfizer, come nei soggetti che non hanno fatto alcun vaccino. Questo è un dato molto chiaro! Il vaccino non aumenta l’incidenza di tali episodi. In Italia ogni giorno si verificano 150 eventi di questo tipo e la somministrazione del vaccino non ha aumentato le statistiche, ma è possibile che alcuni di questi si verifichino in coincidenza del vaccino. In ogni caso i dati scientifici che stanno emergendo a seguito delle autopsie sembrano non dimostrare correlazioni.
Efficacia del vaccino da cosa dipende?
Innanzi tutto dal tipo di vaccino. Dagli studi clinici pre-registrativi sappiamo che i vaccini Pfizer e Moderna hanno un’efficacia teorica del 95 per cento, AstraZeneca lievemente inferiore. L’efficacia del vaccino, in parte, dipende dalle caratteristiche intrinseche dello stesso, in parte dalla risposta individuale. Se una persona ha una buona risposta immunitaria produce un livello elevato di anticorpi immunizzanti.
Quanto dura l’efficacia del vaccino?
Non si conosce ancora la durata complessiva della protezione indotta dal vaccino. Nessun vaccino in questo momento protegge al 100 per cento, e nessun vaccinato può sentirsi sicuro davanti alla malattia, è per questo che continuano ad utilizzarsi misure di protezione individuale.
Se si contrae la malattia nonostante il vaccino questa si sviluppa in forma non violenta?
Si, anche nelle persone in cui il vaccino ha funzionato parzialmente queste non avranno mai patologie con caratteristiche di gravità, perché anche una discreta risposta anticorpale protegge dalle forme gravi di malattia.
Abbiamo atteso un anno combattuti tra la voglia di abbracciarci e la necessità di stare lontani. Grazie ai vaccini debelleremo il virus come avvenne col vaiolo? Torneremo alla normalità o sarà necessario vaccinarci ogni anno?
Non abbiamo risposta certa. Dipende dalla velocità di vaccinazione. Se si vaccina velocemente, una gran quantità di soggetti diventeranno rapidamente immuni al virus. Se la vaccinazione va a rilento accade quello che stiamo vedendo: il virus ha il tempo di mutare, si producono nuove varianti e potremmo trovarci nella necessità, tra 6 o 7 mesi, di somministrare un vaccino diverso da quello attuale. Se riuscissimo a vaccinare velocemente, raggiungendo immunità di gregge molto alta, allora il virus non riuscirebbe più a replicarsi. Altrimenti ci troveremmo a dover inseguire il virus con vaccini sempre modificati.
Quindi la variazione dipende dai tempi?
Si, e la variazione è una caratteristica dei virus, soprattutto di quelli a Rna.
Qual è la situazione in Calabria e in particolare a Reggio Calabria?
In generale la Calabria è una delle regioni meno colpite, dall’inizio di marzo 2020 abbiamo registrato circa 15 mila casi. Livelli di contagio non elevati rispetto ad altre realtà. Anche la mortalità è la più bassa di tutta la Calabria.
Da cosa dipende questa bassa mortalità?
Innanzi tutto dal fatto che nella prima fase il virus non ci ha colpito molto. Poi è esploso con il rientro in regione dal nord Italia all’annuncio del primo lockdown. Siamo riusciti a effettuare i tracciamenti, cosa che al nord non è stata possibile a causa dei numeri elevati di casi. Da noi siamo stati al limite della criticità ma siamo riusciti a gestire la situazione, da un lato con tracciamento e il contenimento, dall’altro grazie al funzionamento dell’Ospedale. Dunque grazie alle capacità organizzative territoriali e ospedaliere. Al nord ad un certo punto non sono più riusciti neanche a collocare i malati. Col contenimento qui siamo riusciti a mantenere bassa la mortalità.
Quindi il lockdown ha giocato un ruolo fondamentale? Misure restrittive risolverebbero il problema?
Si. Abbiamo notevole circolazione di varianti. Quella inglese per esempio sta prendendo il posto della versione originaria. Non è più letale ma più diffusiva.
Significa che basta una carica virale inferiore?
Si. Le misure da adoperare sono quelle restrittive: riuscire ad evitare assembramenti, persistenza di più persone in luoghi chiusi. Ci aspettiamo che proseguendo le vaccinazioni si riducano i casi.
Parliamo delle scuole, luogo di assembramento per eccellenza e oggetto di dispute tra genitori e genitori, amministratori e organi giurisdizionali. Ma la comunità scientifica?
In generale ci sono 2 correnti di pensiero, una porta avanti l’esigenza delle lezioni in presenza, l’altra la tutela della salute. La sanità pubblica protende verso la chiusura delle scuole quando emergono molti casi positivi, perché la possibilità di diffusione nel mondo scolastico, soprattutto per ciò che riguarda la variante inglese, è molto alta. Questa variante si diffonde facilmente anche al di sotto dei 21 anni di età, sino ai bambini. Ci sono casi nei bambini che prima non si vedevano. Si è pensato a chiusure preventive ma i tentativi in questo senso sono falliti, a quanto pare i Tar hanno privilegiato l’esigenza di tenere aperte le scuole. Ora le scuole sono chiuse per il passaggio della nostra regione in zona rossa.
C’è stata una sottovalutazione del problema?
Probabilmente si, perché se si deve prevenire si deve agire prima e non dopo.
Se si potesse veramente chiudere per un lungo periodo il virus sparirebbe?
Si, ma lei sa che questo non è possibile.
Andiamo alle dosi di vaccino quante ne sono state consegnate, quante somministrate, quante si prevede di somministrarne e in che tempi? La Calabria tra quanto tempo riuscirà ad uscirne? La bella stagione aiuta?
Relativamente, altrimenti nei luoghi caldi del pianeta non ci sarebbe contagio. Potrebbe aiutare perché le persone tendono a stare all’aperto e il virus diffonde meno rispetto ai luoghi chiusi. La Calabria ha avuto vaccini insufficienti per la popolazione estremamente vulnerabile perché in questi soggetti deve essere somministrato vaccino Pfizer e Moderna e ad oggi la quantità disponibile è inferiore rispetto alle necessità. La vaccinazione in Calabria attualmente è legata non alle capacità organizzative ma alla ridotta quantità di vaccini che pervengono.
Il sistema è cambiato, prima si veniva chiamati automaticamente per l’inoculazione, ora è necessario prenotarsi…
Abbiamo invocato a lungo questo sistema che consente una vaccinazione regolare, democratica e ordinata con appuntamento, evitando pienoni e attese. Purtroppo le possibilità di prenotazione sono poche perché poche le quantità di vaccino. Appena avremo maggiore diponibilità amplieremo le possibilità vaccinali di ogni singolo centro e ne apriremo altri.
Quali sono i centri della provincia di Reggio Calabria?
Palazzo Campanella, Polo sud di via Padova; Scilla, Palmi, Taurianova, Polistena, Gioia Tauro per la tirrenica; Melito, Siderno, Locri per la ionica, e stanno per aprire Bianco e Monasterace.
Difficoltà della campagna sono legate sostanzialmente solo alle dosi disponibili?
Per ora si. Incrementando avremo bisogno di nuove risorse umane, oggi carenti a causa del piano di rientro che nel tempo ha quasi impedito nuove assunzioni di medici, infermieri e figure amministrative.
Con quale criterio vengono distribuite le dosi a livello nazionale alle regioni e dalle regioni alle province?
Il criterio è quello demografico. In Calabria, con circa 2 milioni di abitanti, dovremmo ricevere circa un trentesimo dei vaccini nazionali. Ma ho la sensazione che non sia così, perché viene, in parte, seguito anche un criterio relativo alla quantità fino al momento somministrata, quindi se c’è una capacità organizzativa inferiore si rischia di ricevere meno vaccini. Noi abbiamo la possibilità di implementare le vaccinazioni e se riceveremo più vaccini cercheremo di farlo, contando anche sulla integrazione del personale promessa, e solo in piccola parte realizzata, dalla Protezione Civile.
Che mi dice del coinvolgimento dei medici di famiglia?
Gli accordi nazionali non sono ancora stati messi in pratica. Il loro coinvolgimento sarebbe utilissimo soprattutto quando arriveranno vaccini maneggevoli come AstraZeneca e Johnson&Johnson che non hanno problemi particolari di conservazione.
Anticorpi monoclonali, una grande speranza?
Strumento importantissimo nella terapia dei casi di Covid 19 in soggetti a rischio con evoluzione lieve o moderata. Devono essere somministrati precocemente. Attualmente sono disponibili solo in ambito ospedaliero ma dovrebbero essere utilizzati in soggetti non ospedalizzati. È in via di sperimentazione un monoclonale di produzione italiana, probabilmente più efficace degli altri, elaborato da uno scienziato di livello altissimo, Rino Rappuoli, che verrà messo in commercio nei prossimi mesi. Sono ancora molto costosi ma interrompono l’evoluzione della malattia. Se si riducesse il loro costo potrebbero essere utilizzati in larga scala.
Proviamo a dare dei tempi e, soprattutto, delle prospettive?
I ritmi di vaccinazione sono ancora bassi. Raddoppiando o triplicando i ritmi di vaccinazione in tutta Italia per settembre potremmo avere 80 per cento di popolazione vaccinata. Il virus continuerebbe a circolare ma in misura sempre minore, con una riduzione della mortalità visto che i primi vaccinato sono gli anziani ed i fragili. E a settembre, ottobre, si potrebbe intravedere una quasi normalità. Se non riusciamo a vaccinare adeguatamente, con la comparsa di nuove varianti del virus, i soggetti vaccinati potrebbero tornare nuovamente suscettibili al contagio e la pandemia proseguirebbe.