“Un libro fatto di domande - alcune senza risposta certa - che tenta di aprire la mente del lettore a nuovi scenari futuri e forse futuristici sull'intelligenza artificiale”.
È racchiuso tutto in questa frase il senso del libro “L’intelligenza artificiale. Saga fantascientifica o realtà scientifica”, curato dal professore Domenico Marino, professore di Politica Economica dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria dove è anche Direttore del Centro Studi delle Politiche Economiche e Territoriali del Dipartimento Pau nonché direttore del Master di II° livello in “Economia dello Sviluppo e delle Risorse Territoriali Culturali e Ambientali” .
Presidente dell’OIV del Consiglio regionale della Calabria, accademico del Barcelona economic network della Real Academia de Ciencias economicas y financieras di Spagna, componente della TasK Force per le Applicazioni dell’Intelligenza Artificiale alla Pubblica Amministrazione dell’AGID, Marino è un esperto della materia ed ha firmato numerose pubblicazioni su un tema d’avanguardia. Questa volta, il docente utilizza un taglio filosofico-speculativo, indagando rischi ed opportunità nei diversi settori, di un’innovazione complessa e dalle variegate sfaccettature. L’approccio prescelto è laico e scientifico, il taglio agile e divulgativo rispetto ai tanti interrogativi che l’intelligenza artificiale pone.
C’è una terza via dinanzi alle impostazioni estremistiche con schierati “da un lato i tecno-pessimisti che vedono solo scenari distopici e vivono con apprensione il progresso tecnologico enfatizzando i pericoli, e dall’altro, i tecno-ottimisti che invece tendono a sopravvalutare gli effetti positivi arrivando ad attribuire virtù quasi taumaturgica al processo tecnologico”.
Come ammonisce il detto in medio stat virtus, e del resto, come avvenne in occasione dell’avvento della televisione prima e di internet dopo, il refrain sempre valido è: mai demonizzare la tecnologia: tutto dipende da come lo strumento viene usato. Prudenza e arguzia sono le istruzioni per l’uso. Ammonisce l’autore: “Come in ogni fenomeno sociale il governo dei processi e le definizioni di un sistema di regole e di politiche sono gli aspetti che possono creare vantaggi o svantaggi. L’enorme potere legato alle più moderne innovazioni impone un’etica della tecnologia”.
E ancora: “Bisogna acquisire la consapevolezza che il governo dei cambiamenti strutturali economici e sociali che l’avvento dell’intelligenza artificiale causerà sarà fondamentale per assicurare la prosperità alle generazioni future ed evitare scenari negativi e anche apocalittici. Quindi niente distopie futuriste!”.
Secondo il docente, lo sviluppo dell'intelligenza artificiale avrà importanti ricadute sul sistema economico e sulle politiche economiche aprendo nuovi scenari, imponendo nuovi vincoli, creando nuovi rischi potenziali e sviluppando nuove opportunità.
Ma vediamo in primis le criticità evidenziate dal professore Marino. Secondo lo studio condotto, le nuove tecnologie avranno un impatto sul mercato del lavoro e sulla disoccupazione esclusi i settori in cui l’intelligenza umana rimane ancora preminente rispetto all'intelligenza artificiale. “Scompariranno le mansioni prettamente operative, avremo sempre meno bisogno di operai e sempre più bisogno di addetti al controllo dei processi. Le mansioni ripetitive ed usuranti saranno sostituite dell'automazione intelligente”. Tuttavia, “la riduzione della penosità del lavoro pone anche un problema di riconversione per tutti i soggetti esclusi dal processo produttivo (il settore bancario e del credito) con gli esuberi di personale determinato dalla chiusura degli sportelli”. Sarà un’intelligenza artificiale a erogare un finanziamento o a proporre delle strategie di investimento”. Dunque questo processo avrà bisogno di molti esperti di Cyber Security e di big data mentre scompariranno i ruoli dei cassieri o dei funzionari commerciali delle banche.
Gli effetti di questo cambiamento li vedremo nel breve periodo di 5-10 anni. Il vincolo tecnologico più difficile da superare è quello della capacità di calcolo, intesa non come capacità assoluta gestita da un supercomputer, ma come capacità di calcolo diffusa, ossia disponibile a un costo ragionevolmente basso per un’impresa che voglia sviluppare servizi. Il docente lancia anche una provocazione: “Lo sviluppo dell'intelligenza artificiale pone forse per la prima volta nella storia dell'umanità il problema di rallentare lo sviluppo tecnologico per permettere al sistema economico di metabolizzare i cambiamenti".
Il welfare digitale in luogo dell’interfaccia umana rischia di aumentare le disuguaglianza e di penalizzare i poveri per il digital divide inteso sia in termini di disponibilità di hardware e software adeguati che come capacità di accesso in termini di conoscenza. L’utilizzo degli algoritmi determina che le intelligenze artificiali possono sviluppate bias che penalizzano alcuni soggetti in relazione al sesso, alla razza, all'istruzione, alla religione e all'orientamento politico. Il “controllo” sui dati personali innescato dall'intelligenza artificiale genera anche problemi sul piano della tutela della privacy e del lavoro.
Serve, dunque ricorrere al principio di precauzione. In gioco c'è la salvaguardia della democrazia (rispetto a campagne di disinformazione dove i social veicolano post-verità e fake news). "Se non sviluppiamo anticorpi opportuni il rischio di una dittatura informativa e tecnologica sarà sempre più reale con una democrazia di fatto che resterà sterile esercizio di un rito, il voto popolare, a cui però viene a mancare il requisito fondamentale che è la libertà e la consapevolezza, in quanto non è più espressione della libera determinazione individuale, bensì il frutto del condizionamento occulto dei detentori del potere informativo". Ed ancora in gioco c'è la tutela della libertà individuale e delle libertà sociali (sempre più a rischio dato il controllo sulle nostre vite e sulle nostre scelte grazie alle profilazioni ("vera potenzialità commerciale dei big data"), che possono essere esercitati per orientare e manipolare le nostre decisioni).
Reputazione, sanità digitale, scenari geopolitici, politiche antitrust, criptovalute, sport, giustizia e corruzione sono gli altri ambiti indagati dall'autore che scandaglia, per ciascuno, rischi ed opportunità. Con una precisa consapevolezza ed un avvertimento: "Quanto più gli strumenti sono potenti, tanto più vanno maneggiati con cura".