Un moderno, efficiente e tecnologico ‘supermarket’ della psichiatria. Siamo a Girifalco, per certi versi, culla della cura e dell’assistenza del ‘male oscuro’. A Girifalco, nel 1879 fu ideato e realizzato il primo manicomio del Sud Italia, che aprì le sue porte ai pazienti nel marzo del 1882. Terra di accoglienza, patria di
grandi uomini e medici, pionieri nel cura, nell’assistenza e nell’analisi di patologie ancora adesso non del tutto chiarite al pensiero scientifico. A Girifalco, tra l’altro, nacque nel 1862 Salvatore Misdea, paziente a cui suo malgrado si deve il nome di ‘misdeismo’, coniato da Cesare Lombroso, che dalla vicenda terrena di Misdea, appunto, veicolò nel lessico della psichiatria militare italiana è il termine “misdeismo”, a denotare i comportamenti psicologici e le devianze causate dallo stress e dalle tensioni presenti negli ambienti militari e dalla mancata assuefazione alla vita militare.
Oggi, dopo decenni di storia psichiatria, di superamento della legge Basaglia, di anni ed anni di Centro di salute mentale e residenza sanitaria assistita, come è noto, sta per essere realizzata la residenza regionale calabrese per l’esecuzione delle misure di sicurezza, in acronimo Rems. Come previsto dalla cosiddetta legge Marino sulla chiusura e il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Qui, dovrebbero arrivare per essere ospitati e curati, i pazienti psichiatrici autori di reati penali. Strutture spesso fatiscenti, dove i ricoverati venivano dimenticati in un lungo oblio senza terapie adeguate e senza speranza di uscire; "un vero e proprio oltraggio alla coscienza civile del nostro Paese", come li definisce il movimento 'Stop Opg'. Gli ospedali psichiatrici giudiziari, nome eufemistico per indicare i vecchi manicomi criminali, presto apparterranno al passato: chiuderanno gli ultimi due ancora funzionanti, Montelupo Fiorentino e Barcellona Pozzo di Gotto. Si mette così la parola fine a una storia dolorosa al centro di mille polemiche, inchieste, denunce, a quasi due anni dalla legge, datata 31 marzo 2015, che stabiliva la chiusura di tutti e sei gli istituti presenti in Italia, sostituendoli con una trentina di 'Rems', ossia strutture residenziali sanitarie gestite dalla sanità territoriale, che dovrebbero (ma il percorso è ancora lungo) garantire la detenzione ma anche adeguati percorsi terapeutico-riabilitativi. Da manicomi a 'ospedali psichiatrici giudiziari'. Una storia, quella degli Opg, che inizia nel 1904, con il regio decreto che disponeva il ricovero coattivo all'interno dei manicomi dei criminali giudicati infermi di mente. Nel 1975 gli ospedali psichiatrici giudiziari entrarono a tutti gli effetti nel sistema penale italiano, dipendendo dall'amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. Dopo diversi anni di dibattiti, finalmente nel 2015 la legge che stabilisce la chiusura degli Opg: in quel momento erano sei, con oltre mille ricoverati, ad Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Castiglione delle Stiviere, Montelupo Fiorentino, Napoli e Reggio Emilia. Ultimi residui della storia dei manicomi, superata con la legge Basaglia ormai 40 anni fa. Poi la progressiva chiusura: ancora nel marzo 2016 ne rimanevano aperti 4, con 90 persone detenute. Nel frattempo circa 550 ricoverati sono stati trasferiti alle Rems, e un centinaio rimessi in libertà. Anche nelle Rems non tutto funziona, anzi: sempre l'associazione Stop Opg denuncia di avervi trovato spesso "situazioni che ripetono la logica custodiale degli Opg, seppure in piccoli numeri e dimensioni: sbarre, filo spinato, guardie giurate armate, poca o nessuna possibilità di attività esterne alla struttura per gli internati". Non più "pazzi criminali" ma pazienti. Ci sono però anche esperienze di Rems più "aperte", inserite all'interno di altre strutture per la salute mentale, in stretto collegamento con la rete dei servizi sociali e sanitari e con il territorio di appartenenza, con un rapporto collaborativo e dialettico con la magistratura. Presto, comunque, si metterà la parola 'fine' alla storia degli Opg: a Barcellona Pozzo di Gotto lasceranno la struttura 13 internati, a Montelupo poco di più. Gli ultimi testimoni della vecchia concezione di "contenzione", che potranno da "pazzi criminali" cominciare a essere considerati pazienti. Oggi sono attive trenta Rems, che a regime arriveranno a 32, tra cui Girifalco. Nelle Rems oggi in Italia ci sono 604 posti e 569 pazienti presenti, dei quali 350 con una misura definitiva e 215 con una misura provvisoria. Ma il dato importante per Franco Corleone Commissario unico del Governo, più volte arrivato a Girifalco per visionare i lavori, è che «nel periodo di funzionamento delle Rems, a partire da aprile 2015, vi sono stati 950 ingressi e 415 dimissioni, il che vuol dire che le Rems lavorano in coordinamento con i Dipartimenti di salute mentale Dsm e dunque le persone sono state inoltrate sul territorio in strutture diverse: alcune sono in libertà e alcune in altre strutture territoriali»: questo – ha sottolineato - «dimostra il funzionamento delle Rems», che «funzionano perché hanno personale e molto motivato e vi sono i pilastri della territorialità e del numero chiuso dei pazienti». Nelle Rems la pratica della contenzione meccanica non è più utilizzata, «tranne che a Castiglione delle Stiviere, anche per le sue dimensioni di oltre 120 ospiti». Ma a Girifalco, si vuole tentare un ulteriore passo avanti, innestare nella nuova pagina di storia che si apre con la Rems, l’esperienza sul campo acquisita a Girifalco, dove da decenni si è instaurata una pratica, diremmo naturale e spontanea, che vede un relativa libertà dei pazienti, una spinta integrazione sociale, se non anche economica, ed un condivisione culturale dell’uomo, paziente psichiatrico.