
L’ALLEANZA FUNESTRA TRA ECONOMIA E TECNICA
La sensazione, insomma, che i messaggi volti a salvaguardare il pianeta della nobilissima “Carta di Milano”, siano surclassati dalla capacità di suggestione di chi è diventato potente acuendo le diseguaglianze sociali, grazie all’alleanza funesta tra economia e tecnica che colpisce al cuore le democrazie. Un patto su cui soltanto “il papa venuto dall’altro mondo” ha espresso giudizi secchi come il seguente: “In diversi modi, i popoli in via di sviluppo, dove si trovano le risorse più importanti della biosfera, continuano ad alimentare lo sviluppo dei paesi più ricchi a spese del loro presente e del loro futuro. La terra dei paesi poveri del sud è ricca e poco inquinata, ma l’accesso alla proprietà dei beni e delle risorse per soddisfare le loro necessità vitali è loro vietato da un sistema di rapporti commerciali e di proprietà strutturalmente perverso”.
LA SCULTURA “GRANO” DI ANTONIO CERSOSIMO
Certo, lo spirito dell’Expo e le buone intenzioni di tutti coloro che da ogni parte del mondo si precipitano a Milano sono ben definite. E d’altronde l’occasione dell’Esposizione Universale è da cogliere al volo, per rappresentare compiutamente le ragioni degli esclusi. Se, però, il pensiero cosiddetto democratico ha difficoltà a far presa sull’opinione pubblica mondiale, l’arte, come spesso accade, riesce laddove le ragioni del politicamente corretto di segno occidentale falliscono o al più arrivano flebilmente. C’è una scultura, che è rimasta nel padiglione del Corriere della Sera fino al 30 settembre (in coincidenza con la settimana dedicata alla promozione e divulgazione delle eccellenze calabresi) che al primo sguardo demolisce retoriche buoniste e panegirici che sfuggono la cruda realtà della fame nel mondo. Un pugnonello stomaco dell’ “Expo Fiera”. E un richiamo alla crudelissima condizione di chi scappa dall’Africa perché non ha di che nutrirsi. L’ha realizzata un artista, scorbutico e geniale che va sulla settantina e che da qualche anno, dopo aver girato il mondo col suo inconfondibile stile jonico, ha fatto di Crucoli (piccolo borgo in provincia di Crotone) il suo “buen retiro”: Antonio Cersosimo.
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IL MARMO ESALTA LE FERITE, LE FRATTURE E GLI STENTI…
Perché il marmo? “La scelta del marmo arabescato è stata dettata dalla presenza di striature cromatiche che esaltano, come poche, la rappresentazione delle ferite, dei vasi sanguigni, delle fratture dell'esistenza, degli stenti. Le loro braccia a guisa di grovigli nervosi ed esili si inanellano nella materia congiungendosi alla base con gli arti inferiori, come a raccogliersi nell'atto di sorreggersi vicendevolmente e di reagire, di lottare…Questa lotta di braccia e nervi secchi impressionati nel marmo, svuotato fino al collasso, lascia che lo sguardo l'attraversi nella totalità”. È una scena drammatica. Carica di pathos. “Che costringe a riflettere ed a pensare ad una soluzione. Ad impegnarci, a reagire attivamente, perché dobbiamo impedire che il latte della terra, il grano, si esaurisca o che ad interi popoli siano sottratte le risorse indispensabili per sopravvivere”. La scultura ha già degli acquirenti. Ma un’opera simile, che dà visibilità all’ingiustizia che si consuma sulla pelle delle persone e racconta di “un’umanità che brancola e si cerca”, è auspicabile che non finisca nelle mani di un facoltoso privato che la terrà nel suo studio a godimento di pochi eletti. La scultura di Cersosimo, di cui il grande pittore Ernesto Treccani, che lo conobbe durante i suoi frequenti soggiorni a Melissa, disse: “Con lui la materia si arrende ai rischi più insoliti, alle combinazioni più inedite, senza che venga tradita la proprietà della natura stessa, concretizzando l’immagine in modo immediatamente vitale”, starebbe bene in un luogo pubblico.