Pasquino Crupi, è nato a Bova Marina 73 anni fa. L’ultima volta che l’ho sentito è stato per chiacchierare sul suo ultimo, corposo, lavoro a cui teneva molto. Una disamina scrupolosa di tutto il “sapere” che ruota intorno all’irrisolta questione meridionale. Un linguaggio asciutto e lucido per confutare le menzogne sul Sud, ma ovviamente senza mai ipotizzare isolamenti autoreferenziali ispirati da fantasiose teorie sul Sud felice quando l’Italia ancora non c’era: “La questione meridionale al tempo della diffamazione calcolata del Sud”; la cui introduzione (che pubblichiamo di seguito a queste riflessioni) costituisce la quintessenza del suo pensiero meridionalista e il lascito per le nuove generazioni di un uomo dallo sguardo fermo che ha visto nella cultura l’unica possibilità di riscatto sociale di questa parte svantaggiata dell’Europa.
Di lui si potrà dire che non aveva un carattere facile, anzi era solito sostenere le sue idee con piglio veemente e la foga appassionata di un intellettuale dalla solida formazione che pagava lo scotto di essere, nell’Italia disorientata del nostro tempo, meridionalista ed anche calabrese.
Due status che, oggigiorno, costituiscono non un salvacondotto per conquistare il grande pubblico afflitto da libercoli confezionati da speculative operazioni di editing e da fiction insulse, ma straordinari macigni sulla strada del successo.
Di tutto ciò, Crupi, in particolare del suo essere non funzionale ad alcuna alchimia di potere politico ed economico, non soltanto era consapevole, ma persino appagato. L’omologazione culturale non è mai stata tra le sue aspirazioni. Verso il potere il suo atteggiamento, venato da un animo radicalmente socialista, è sempre stato distaccato. Puntuto a tratti.

Mai disponibile a cedere alcunché per conquistare consenso facile, Pasquino Crupi è senz’altro stato un calabrese atipico: ferocemente avversario degl’ innumerevoli pregiudizi che circolano, impavidi e ostinati, sul Mezzogiorno e sulla Calabria nel dibattito pubblico, ed in specie nei media nazionali, ma altrettanto severo con i poteri (e le loro espressioni in carne ed ossa) diffusi sul territorio che sembra abbiano un unico scopo:
trattenere la Calabria ai margini dell’Europa, remare sempre ognuno per sé ma sinergicamente quando c’è da frenare l’affermazione della legalità e qualsivoglia ipotesi di progetto che consenta alla Calabria di valorizzare il suo incommensurabile patrimonio di risorse umane costrette alla fuga, ma anche i grandiosi giacimenti culturali, storici e naturalistici di cui dispone.
Ha scritto moltissimo Pasquino Crupi (su Internet la sua produzione è ampiamente presente) ed ha pensato fortemente alle cause del sottosviluppo meridionale e dei suoi storici ritardi, sicché dall’archivio di questo intellettuale, mai organico ad un partito o ad un gruppo d’interesse, non soltanto la tanto vituperata politica, ma le classi dirigenti meridionali in senso lato (ad incominciare appunto dagli intellettuali) potranno attingere a piene mani. Quando ci si renderà finalmente conto che non il pensiero debole dei social network o il protagonismo effimero dei proclami disseminati nelle tv o sui giornali possono segnare svolte fattuali. Ma, come argomentava Crupi in più occasioni, lo studio attento delle questioni, l’analisi puntuale dei fatti, lo sguardo capace di esaminare i dettagli del presente senza però mai perdere di vista l’onere culturale, ancorché politico, di costruire il futuro.
Di seguito il link dell'articolo sull’introduzione al volume di Pasquino Crupi:
