Strada facendo l'automobile di Rambaldi aveva avuto problemi al motore e la piccola comitiva aveva raggiunto Catanzaro con un passaggio di fortuna.
Rambaldi si mise a girare per le sale del San Giovanni a cercare l' “l'enigma e la gloria” - questo era il titolo della mostra - nell'opera di De Chirico; un incontro ideale di due fantasiosi inventori di mondi, entrambi creatori di personaggi misteriosi e di situazioni inverosimili presentate però come reali.
Gli estranianti manichini dai volti “ad uovo” o gli archeologi con templi e colonne antiche al posto delle viscere, tanto cari alla pittura e alla scultura di De Chirico, trovavano una sorta di corrispettivo immaginifico e metaforico nei personaggi cinematografici di Rambaldi, soprattutto ET ed Alien. Il mago degli effetti speciali dei film di Hollywood stabiliva con il pictor optimus un contatto spazio-temporale, in un supermetafisico cortocircuito fra le proprie creature fantascientifiche e i personaggi mitologici di De Chirico.
Pur partendo da contesti culturali e linguistici diversi entrambi identificavano una zona dell'immaginario abitata da esseri inquietanti, umanizzati quel tanto che basta a renderli accettabili, ma anche deformi per metterli in sintonia con le nostre paure ancestrali. De Chirico attingeva dal passato, dal mito greco e dalla rivisitazione storica sfidando l'inganno del tempo che non ritorna; Rambaldi stupiva pensando al futuro, immaginando come potessero essere gli extraterrestri, sfidando il tempo che deve ancora venire, esorcizzando le angosce attraverso i sentimenti (ET, King Kong) oppure accentuandole con sembianze mostruose (Alien).

Il tempo è per gli artisti un giacimento di ricordi o di desideri, di miti originari o di sogni da realizzare. E le loro opere collocano tutto in un eterno presente, sovratemporale e metafisico.
Dopo aver visitato la mostra Rambaldi si fermò al bookshop e firmò alcuni autografi ai presenti. Carinamente accettò di farne uno per mio figlio disegnando, a tratto di penna, anche un tenerissimo ET. Mi accorsi così - cosa che non avevo mai notato nel film - che il personaggio venuto dallo spazio aveva la testa a forma di cuore.
Un messaggio subliminale? Una forma simbolica? L'affermazione dell'amore universale?
Decidemmo, poi, di affacciarci dal grande belvedere, che si apre dietro il San Giovanni, sulla vallata del torrente Fiumarella, a ritrovare nell'ampio paesaggio reale una dimensione, in qualche modo, sospesa. Un intreccio a dir poco sorprendente, in un'atmosfera magica, su un panorama che introiettava pensieri fantastici, in una contemplazione della poesia a portata di mano.
Mi offrii di accompagnare gli ospiti con la mia auto fino a Lamezia Terme. Lungo la superstrada dei Due Mari passammo dal luogo dove s'era bloccata la loro macchina: quel guasto meccanico doveva suonare come una beffa irriguardosa per un maestro dell'animazione meccanica e della robotica cinematografica come Rambaldi! La realtà ordinaria, con la sua caotica routine, ci risucchiò ancor di più quando giungemmo in città, dove dovemmo zigzagare fra le gente radunata nelle strade del centro abitato per non so quale festa o mercato popolare.
Pensai a ET e alla sua malinconica invocazione “telefono casa”. E fui grato a Carlo Rambaldi anche per questa folgorante empatia.