In nove edizioni 423 artisti.

Il Face è, a tutto tondo, il Festival dell'arte, della creatività e dell’ecocultura con artisti che arrivano da sempre più lontano, artisti dell’arte pittorica e itineranti e artisti calabresi formatisi fuori regione e ritornati in terra natia con il loro bagaglio di esperienze e novità. Con un format simile a quello del primo anno, l’edizione del Face9 è stata molto chiara e decisa, articolandosi in dieci giorni di eventi e attrazioni con cinque appuntamenti serali al Parco Ecolandia di Arghillà; aperte mostre d’autore, inaugurate nuove installazioni, performance e concerti di musica live in punti nevralgici del Parco. Che un festival come questo sviluppasse, dalla nascita del Face, una capacità attrattiva in una sede fuori mano e, prima, quasi sconosciuta, è stata la sfida più difficile che hanno affrontato i due direttori artistici della manifestazione, i gagliardi Paolo Giosuè Genoese e Paolo Albanese.

“Ecolandia, quando abbiamo iniziato nel 2007, non era la bellezza che è adesso. Durante i primi anni del Face – spiega Genoese – quando scrivevo sui manifesti ‘Fortino di Arghillà’, Ecolandia non significava nulla, era solo un nome progettuale, non era un luogo, era un non luogo come si diceva allora; portare le persone da Reggio Calabria a qui era veramente difficile. Più avanti, grazie ai progetti dei quali fa parte e che sono stati realizzati, Ecolandia è diventato un polo tecnologico ambientale sempre più qualificato e si è affermato come un polo di innovazione, d’arte e cultura; il Face gli ha dato valore attraverso le creazioni di opere artistiche; ci sono opere che sono prodotte a un costo molto più basso rispetto al valore reale dell’opera, perché gli artisti conoscono il prestigio del Face a livello nazionale e qualcuno pure fuori dall’Italia; viste le difficoltà che ci sono per finanziare l’arte, produrre un’opera che un’artista quotato realizza anche a un costo minore è, certamente, una grande opportunità per il Face e per il Parco”.
Il Face è un festival storicizzato in Calabria.

“Sì. Noi usciamo da un finanziamento triennale – continua Genoese – che ha ottenuto un ottimo punteggio e ci fa molto piacere, perché l’ente Regione Calabria è stato attento alla nostra tematica. L’arte visiva, come l’arte interattiva, in un luogo che è una meraviglia, si è rapportata finora con il pubblico senza filtri e senza preconcetti. Il Face è nato, infatti, per Ecolandia, con l’idea di aprire queste celle che erano chiuse e dentro abbiamo messo il valore delle opere degli artisti; poi, con gli anni, è divenuto qualcosa di più grande, ovvero questa idea molto interessante di un museo d’arte contemporanea all’aperto; a oggi sono in tutto una decina le opere che abbiamo installato nell’ultimo decennio in un luogo bellissimo che doveva essere risvegliato e soprattutto riportato alla memoria delle persone o fatto scoprire da chi non lo conosceva affatto. E’ la sfida nella quale ancora crediamo con Ecolandia Scarl, un partner molto importante, senza di loro non sarebbe sostenibile il Face: noi diamo la nostra parte creativa e di conoscenza del mondo artistico; loro, invece, danno tutta la loro parte strutturale e progettuale”.
Come si può potenziare in Calabria il rapporto tra arte contemporanea, ambiente e tradizioni?

“Con le espressioni creative e creando opere artistiche che esprimano concetti che facciano riflettere. Esiste la bellezza dell’arte guardando all’ecologia, guardando a madre natura che è sempre pronta a riprendersi ciò che le è stato tolto. L’arte contemporanea ha, inoltre, un potenziale come strumento di denuncia. Un’opera molto interessante quest’anno, posizionata ad Arghillà al centro del Forte Gullì, è stata l’albero di Shendra Stucki tutto fatto con i cavi, senza corteccia e foglie, un albero che è diventato il simbolo del Face9, che ha rappresentato il concetto che finalmente discutiamo: l’attenzione verso l’ecologia mediante la creatività. Francesco Scialò, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, ha presentato la sua ‘Point’, una piattaforma aerea da dove gli ospiti che sono saliti a bordo hanno visto le cose da un altro punto di vista, allargando o cambiando la visione con cui ognuno di noi guarda di solito l’ambiente e le cose. L’anno scorso un’altra sua opera, un albero con incastrata dentro una lavatrice, ha fatto pensare ad ambienti naturali bellissimi purtroppo deturpati dall’inciviltà umana; è un qualcosa di attuale che, noi, in Calabria, siamo spesso abituati a vedere quando camminiamo nei boschi, come in Aspromonte.

L’artista Angela Pellicanò quest’anno ha fatto un’opera installata sul frontone del Forte che si può dire permanente: due dischi che vanno a decorare il Parco senza creare un punto di rottura con l’ambiente, anzi lo valorizzano con le loro onde fluttuanti. La ‘Casa Ricamata’, una performance in due giorni di Maria Chiara Calvani ideatrice di questo progetto, ha presentato invece una bellissima struttura ricordandoci quando facevamo le capanne da bambini con le scope e i tessuti; ha risvegliato l’interesse per una tradizione oggi un po’ sopita o perduta, come la tradizione del ricamo, ed è stata molto apprezzata perché da noi c’è ancora tanta gente che sa ricamare e lei viaggia in tutto il bacino del Mediterraneo dove ha inculcato la cultura del ricamo dei detti popolari”.
E’ fattibile e sostenibile in Calabria una rete tra eventi che diffonda l’interesse per il turismo artistico e culturale?

“Noi crediamo di sì. Il gemellaggio del Face9, con altri due progetti finanziati dall’ente Regione Calabria, ci ha portato del lustro a vicenda; abbiamo proiettato quest’anno un’anteprima di cortometraggi del Pentedattilo Film Festival e abbiamo ospitato una performance a cura di Miti Contemporanei Festival. Una rete tra eventi è di fondamentale importanza sul territorio calabrese, perché rende più ricchi i programmi dei festival e aiuta la regione a consolidarsi anche a livello turistico. Bisogna togliersi la cattiva abitudine di pensare che l’estate sia solo quindici giorni ad agosto fino a Ferragosto. La Calabria è la regione meno sfruttata in termini turistici rispetto, ad esempio, alla Basilicata, al Molise e alla Puglia. E’ di grande aiuto il supporto economico attraverso i bandi per creare progetti ed eventi di qualità, perché sono un veicolo per creare obiettivi lungimiranti e a lungo termine. Ci sono tanti esempi a livello globale legati al mercato dell’arte, dove prima non c’era nulla: Santa Fe è un paesino del New Messico, negli Stati Uniti d’America, dove hanno creato un indotto secondo a New York nell’arte contemporanea e inizialmente non aveva nulla, era un deserto. Quando vedo arrivare artisti da fuori che vedono i luoghi della Calabria, del Parco di Ecolandia e tutto ciò che facciamo, rimangono molto volentieri”.
La bellezza dei luoghi calabresi può avere una valorizzazione importante con l’arte contemporanea?

“Sicuramente. Le opere giganti contemporanee, nelle piazze delle città calabresi, avrebbero un senso e veicolerebbero la bellezza dell’arte e di quei luoghi. A Cosenza il processo è stato attivato da tempo, un progetto di lungo respiro non esclusivamente politico, una rivoluzione culturale. Reggio è rimasta un po’ ferma: le ultime installazioni artistiche eclatanti, negli ultimi vent’anni, sono state le opere di Rabarama. Ci sono tante piazze e spazi pubblici semi anonimi in Calabria, dove il bar è l’unico luogo di ritrovo e tutto ciò che è contemporaneo non è sufficientemente raccontato anche con provocazioni intelligenti. Un’installazione contemporanea di un’artista famoso può essere funzionale e utile, è un indotto, è un mercato e produce bellezza, interesse e curiosità. Una delle traiettorie da seguire e un’idea che funziona è proprio questa: opere giganti e di qualità. Non dimentichiamo che la Calabria era famosissima ai tempi dei Greci per la bellezza dell’arte che produceva, abbiamo due statue al Museo di Reggio Calabria che lo testimoniano e che sono veramente importanti”.
Il Face nel 2020 compierà il suo decimo compleanno. Continuerà a proporre prototipi che vanno oltre i confini fisici e linguistici?
“La nostra sfida – conclude Genoese – rimane questa. Noi, in ogni edizione, tiriamo fuori una provocazione, uno slogan. L’anno scorso si chiamava ‘Face Hot’, partire, pensare, tornare e invitava gli artisti e chi era andato via da questa regione a studiare, a formarsi per ritornare. Quest’anno il pay-off è stato ‘SUDconscio’, ragionare su quello che è il sud di oggi e come lo vorremmo; in questa direzione abbiamo offerto spunti, talk, concerti e opere davanti a panorami mozzafiato e le installazioni artistiche, pure di grandi dimensioni, potrebbero diventare una chicca ed essere portate in vari territori calabresi, promuovendo il bello della nostra regione con l’arte contemporanea. Se tutti quanti ci organizziamo un pochino meglio e lavoriamo bene, la strada della bellezza, della cultura e dell’arte si può preparare ai nostri figli”.
Il rapporto tra arte contemporanea ed ecocultura, stando anche a vedere cosa accade in Italia e nel mondo, ha un futuro, perché lancia messaggi di salvaguardia dell’ambiente e propone modelli di interazione sociale con molteplici sfaccettature e realtà virtuose. “Con il festival – puntualizza il direttore artistico di Face9, Albanese – abbiamo provato da una parte a dar spazio agli artisti locali e, dall’altra, man mano, siamo cresciuti e con noi sono cresciuti gli artisti sia di numero che di qualità e importanza. Abbiamo sempre provato a far sì che l’arte fosse un pretesto per lanciare altri tipi di messaggi e, quest’anno, più che mai, abbiamo chiesto agli artisti che hanno partecipato al festival di impegnarsi a dare un messaggio sul fronte dell’ecologia per presentare la civiltà contemporanea. Per la realizzazione di una delle opere più rappresentative del Face9, dell’albero tutto ricoperto di cavi elettrici di riuso, abbiamo pienamente soddisfatto il desiderio dell’artista dell’opera, che ha preteso che noi non comprassimo i cavi, perciò abbiamo svuotato gli scantinati per trovare cavi elettrici di diverse misure e di diversi colori in modo che lei potesse concretizzare la sua opera attraverso il riuso di questi materiali che, altrimenti, sarebbero andati dispersi. Nell’installazione di Dario Agrimi abbiamo visto mani e volti in argilla venir fuori da bacinelle ricolme di petrolio, per attenzionare lo spreco che facciamo verso il nostro pianeta, quindi il sovraccarico di consumo di energie fossili a sfavore di ciò che invece possiamo ottenere con l’energia pulita, come quella eolica. Massimo Sirelli, famoso in tutta Italia, un habitué del Face, ha presentato i suoi originali robot e robottini tutti realizzati con i pezzi di riuso, trasformando insieme materiali diversi come il metallo, l’alluminio e la plastica. Gli artisti, a nostro avviso, hanno il compito di doversi rivolgere alla società. L’arte per l’arte è finita ai tempi di Baudelaire, l’estetica ha sempre la sua valenza ma non basta più. Il Face al Parco Ecolandia non è mai stato una galleria d’arte dove sono venuti i collezionisti, i galleristi a comprare o a vendere ma è diventato un luogo dove si è provato sin dall’inizio a costruire modelli alternativi di società contemporanea”.
Il Face, quindi, guarda al presente e al futuro?
”Sì. Tutti gli artisti e i musicisti che abbiamo coinvolto – prosegue Albanese – si sono concentrati sulle richieste che noi gli abbiamo posto davanti, per realizzare e mettere in mostra opere di indiscutibile qualità. Innanzitutto, sono state create delle installazioni permanenti che aiutano il fruitore di Ecolandia a conoscere il Parco in tutta la sua interezza e la risposta del pubblico c’è stata; qui si viene anche per assistere a un concerto ma prima di sedersi all’arena si visita il Forte che, già, da sé, ha una valenza storica non indifferente. Dislocare nei prossimi anni, lungo dieci ettari di Parco, le installazioni contemporanee, potrà continuare ad aiutare a fruire meglio e in maniera più completa l’intera struttura.”
Gli eventi del Face9 hanno spaziato anche in questa edizione dalle arti alla letteratura.
”Quest’anno – termina Albanese – abbiamo cominciato con Blair Crimmins and the Hookers, un gruppo di Atlanta, che suona dixieland ma non si è limitato al repertorio classico del sud degli Stati Uniti ma ha arrangiato e proposto in chiave dixieland i capi saldi del rock anni Settanta-Ottanta, come David Bowie. Abbiamo concluso la serie degli eventi con Dimartino, cantautore in grande ascesa. Abbiamo coinvolto come da nostra tradizione bravi artisti locali, tra cui: Peppe Costa in arte ‘Yosonu’, che ha creato appositamente uno spettacolo per il Face9; “Quello Sporco Duo”, con Francesco Villari e Peppe Porcino, che ha piacevolmente intrattenuto in un reading di pezzi originali e di capisaldi della letteratura, allietato da chitarre, tastiere ed effetti sonori. Abbiamo pure trattato il tema del teatro con una performance dedicata a Leonardo Da Vinci, grazie a una collaborazione con ‘Scena Nuda’ e Teresa Timpano. Con Teatro Primo e Christian Parisi, infine, abbiamo avuto per il secondo anno consecutivo Fabrizio Paladin, maestro della commedia dell’arte, che ha offerto lo spettacolo inedito ‘Pornografia d’attore’. Usiamo l’arte e i linguaggi artistici come un pretesto. Quando abbiamo cominciato a Ecolandia ci definivamo ‘I clandestini dell’arte’; in quegli anni era il pretesto per riportare alla luce un posto che di luce non ne aveva più. Adesso, invece, il pretesto è quello di continuare a contribuire alla crescita del Parco e della bella Calabria. Noi ci siamo, siamo sempre pronti a dare una spinta in più”.
* Foto Ufficio Stampa 'Face'