Vincenzo Linarello non ragiona da superstar, anche se è appena tornato da Tel Aviv (Israele) dove ha ricevuto applausi per Cangiari, il primo marchio di alta moda etica in Italia. La sua è una storia da libro cuore, quella di un ragazzo di Locri classe ’70 che si è ribellato al sistema. “Lo Stato siamo noi, i problemi non si risolvono aspettando l’intervento dall’alto”, tiene a sottolineare il presidente del consorzio nato nel 2003, che raggruppa al proprio interno nove cooperative sociali, un’ associazione di volontariato e una fondazione nel territorio della Locride e della Piana di Gioia Tauro. Goel è il sostantivo del verbo ebraico ga’al e significa colui o qualcosa che è capace di restituire alla capacità ideale originaria attraverso la funzione di liberazione e riscatto.
Dottor Linarello, perché la sua non dovrebbe esser presa per solita demagogia?
La nostra proposta culturale prevede per ogni idea un fatto imprenditoriale non fine a se stesso. In questo modo possiamo risultare credibili nei confronti della gente. Non possiamo dedicarci al prossimo basandoci sulle buone intenzioni ma serve l’intelligenza nell’agire. Le faccio una metafora: non basta costruire bellissime canne da pesca e vantarsene, ma costruire fabbriche di canne da pesca affinché altri possano farlo con noi e altri in futuro possano farlo al posto nostro.
Parole sagge e lungimiranti, senza dubbio. Ma chi l’ha spinta a iniziare questa missione?

E la Chiesa come si è posta nei vostri confronti?
La Chiesa non è immune dal male perché è fatta dagli uomini, quindi non è diversa dalla società. C’è chi si impegna, chi è indifferente e anche chi rema contro. Ci è stato molto vicino l’ex vescovo della diocesi di Locri-Gerace Giancarlo Maria Bregantini, che dal 1994 al 2007 ha operato nel nostro territorio.
C’è stata una frase di Bregantini che le ha dato una forza particolare?
No, più che altro ha lasciato un messaggio complessivo. Lo ricordo per tre aspetti importanti: la sua capacità di valorizzare tutto ciò che di buono c’era sul territorio, di mettere in collegamento le varie realtà e di portare il Vangelo.
Da Akatistos a Goel, il passo non è stato brevissimo. Ci racconti.

Ci spieghi meglio…
Goel è nato dalla riflessione che la precarietà in Calabria è qualcosa di scientificamente applicato. Trent’anni fa, per quanto risulta dalle carte dei processi, c’è stato un patto tra i capi della ‘ndrangheta e delle massonerie deviate. Queste forze pacchettizzano i voti e poi li rivendono. Facendo fare carriera politica a uomini di riferimento o dando loro posti chiave nei settori che contano, nessuno escluso. Noi vogliamo far saltare questo sistema e creare dei corridoi liberi. Questi poteri si sconfiggono solo se qualcuno è grado di dare risposte più efficaci, anche agli adepti interni stessi che ne sono succubi. La ‘ndrangheta va combattuta da tutti i lati, non basta l’impegno di magistratura e forze dell’ordine.
Una sintesi dell’attività di Goel?

Come si muovono i vostri nemici?
In maniera grossolana tramite attentati, come la bomba piazzata a Caulonia davanti a una nostra sede alla vigilia di Capodanno 2012. Oppure in maniera subdola, tramite campagne diffamatorie orchestrate ad arte. Non scordiamo che anche il mondo dell’informazione fa parte del sopraccitato disegno di trent’anni fa.
Si dice sempre che il turismo potrebbe risollevare la Calabria. Ma in pratica cosa andrebbe fatto visto che tutta l’Italia è piena di ricchezze?
Qui non c’è la capacità di aggregare qualitativamente l’offerta e poi di venderla. Non credo proprio che bisogni puntare sul turismo di massa come si sta provando a fare. La strada maestra a parer mio è puntare sui segmenti di nicchia.
Tornando alla stretta attualità, cosa le ha lasciato l’esperienza in Israele?
Siamo stati accolti benissimo, anche dall’ambasciatore italiano Talò. I tessuti a mano di Cangiari sono stati apprezzati al museo Beit Ha’ir di Tel Aviv e alcuni campioni saranno in mostra fino a metà dicembre.