Dalla celebre e indimenticata fabbrica di San Lorenzo alla bottega di pipaio a Reggio: la storia dell'intenditore di radica e fine artigiano da tre generazioni.
La sua arte si nutre innanzitutto della sua storia perché Fabrizio Romeo è cresciuto sentendo l'odore della radica e seguendo le venature dell’erica, guardando le mani dei prozii Domenico e Peppe e del padre Sebastiano che modellavano le pipe, in quella fabbrica che era un tutt'uno con la sua casa, a Marina di San Lorenzo, sulla costa ionica di Reggio Calabria.
La storia di Fabrizio è, infatti, inscindibile da tutto questo anche adesso che quella fabbrica è viva solo nei suoi ricordi, ma non più operativa; anche adesso che lui continua la sua attività di artigiano a Reggio Calabria in una bottega essenziale, dove ci sono gli strumenti da lavoro che si accompagnano a qualche macchinario delle vecchia fabbrica dal quale non si è voluto separare. C'è anche un cassetto in cui conserva delle vecchie pipe che, oggi hanno oltre mezzo secolo, lavorate nella vecchia fabbrica di San Lorenzo da cui tutto per lui è iniziato, alle quali è molto affezionato. Sono pezzi di cuore e di anima. È una bottega che custodisce con orgoglio la memoria di una tradizione familiare iniziata nel secolo scorso, nel 1900, da un prozio nella sua segheria e poi trasmessa e appresa da suo padre Sebastiano; c'è il passato della prima fabbrica calabrese che dal 1949 al 1988 produsse e mise in commercio pipe in tutto il mondo, dando lavoro a 160 persone; una realtà pioneristica e lungimirante in cui 40 donne erano già preziosa forza produttiva; c'è anche il presente di un laboratorio artigianale in cui ogni pipa è frutto di estro e fantasia, ancora oggi un pezzo unico, per collezionisti ed estimatori di tutti i continenti.
Il cuore in una stanza
Nella sua bottega artigianale c'è una stanzetta dove palpita tutta la sua creatività di artigiano da tre generazioni e dove sui muri le foto, che protegge come si fa con i beni più cari, raccontano quella storia in cui fabbrica e famiglia, lavoro e vita, mestiere e passione si mescolavano in modo totale e profondo. Una bottega semplice ma piena di passione e di storia, in cui la tecnica dell'intagliatore e intenditore di radica e la sensibilità dell'artigiano si fondono in un unico uomo.
La storia
«La storia iniziò quando in Calabria, ricca di radica, le segherie si moltiplicavano rappresentando una forza produttiva che forniva il cosiddetto abbozzo di pipa alle industrie inglesi. Oltre 5000 persone erano impiegate nella raccolta e nella lavorazione prima dell'esportazione oltremanica. La tradizione della lavorazione nacque nel reggino con l'esperienza della fabbrica Surfaro e Gullì di Melito Porto Salvo dove gli zii di mia madre, Domenico e Peppe Vinci, appresero l'arte che poi insegnarono a mio padre Sebastiano, in segheria con loro fin dall'età di 14 anni. Nel tempo questa passione li condusse fuori, fino in Liguria, a lavorare la radica francese, quando quel legno in Calabria iniziava a diminuire» racconta il maestro Fabrizio Romeo.
Questa l'incipit della storia di una della più grandi segherie calabresi e dell'unica fabbrica manifatturiera di pipe della Calabria. Verso gli anni Cinquanta, infatti, nacque a Marina di San Lorenzo, la fabbrica di Pipe che commerciava con l'America e il Sudafrica. Non si occupava solo della raccolta e della lavorazione della radica, ma realizzava le pipe e le metteva sul mercato mondiale. Lo dice con orgoglio, Fabrizio Romeo, che nel suo archivio di famiglia custodisce anche molti documenti di questa storia, che in realtà è la storia della sua vita e della sua famiglia. Un'azienda familiare, fondata dal padre, in cui Fabrizio Romeo è praticamente nato. La casa in cui è venuto al mondo era di fronte alla fabbrica che ha iniziato a frequentare con curiosità fin da piccolissimo. Ricorda, sorridendo, che solo a un anno gli misero la pipa in bocca. Era destinato. Ultimo di cinque fratelli, Fabrizio Romeo è l'unico ad avere portato avanti questa tradizione.
«Nei capannoni c'erano i sacchi di radica. I segantini, operai specializzati, si occupavano di realizzare gli abbozzi che poi venivano bolliti nelle tre caldaie di rame per 14 ore e lasciati ad asciugare. Quindi l'attività si svolgeva nella raffineria dove gli abbozzi venivano trasformati in pipe. Le donne, per la delicatezza del tocco, lavoravano al finissaggio occupandosi di levigatura e lucidatura», racconta, come fosse una favola, il maestro pipaio calabrese.
«Arrivò verso la fine degli anni Ottanta un periodo di declino. L'avvento della sigaretta e del progresso cambiò le abitudini della popolazione e quel tempo speso a tirare il fumo con un ritmo che conciliava il pensiero e la riflessione e scandito da una ritualità che invitava alla meditazione, non ci fu più. La pipa diventò, nell'immaginario collettivo, un oggetto per persone anziane che conoscevano i pregi della lentezza, di una generazione ormai passata. Io ho sempre creduto, e lo credo ancora, che la pipa richiedesse passione, tempo e dedizione. L'ho creduto al punto che anche quando la fabbrica di famiglia chiuse, io aprì a Reggio Calabria il mio laboratorio artigianale che, seppure con alterne fortune, ancora oggi mi regala molte soddisfazioni», racconta ancora Fabrizio Romeo.
L'epoca industriale delle produzioni in serie era finita ma a Reggio quella tradizione familiare proseguì con il diverso approccio ad una produzione artigianale di pipe particolari che ancora oggi Fabrizio Romeo realizza e vende su un mercato più globale che nazionale e locale. Il suo nome è oggi un marchio molto quotato nel settore.
Come nasce una pipa
«Tutto parte da un ciocco di erica calabrese, parte che si ricava tra la radice del fusto di un tipo di arbusto che cresce spontaneamente nell'area del Mediterraneo. Il taglio, la bollitura e l'essicazione, che avviene in due anni, rendono quel bulbo di erica arborea un abbozzo, detto anche placca sulla quale si traccia a mano il disegno che segue le venature. Quindi si procede con il foro per il fornello, ossia la camera del tabacco che attraverso il foro di tiraggio del cannello viene poi collegata al bocchino per fumare. Poi si conferisce la forma desiderata, sempre in armonia con le venature. Si tratta di un lavoro quasi completamente manuale che, eseguito per decenni a mano, oggi eseguo con l’ausilio di dischi abrasivi. Seguono la carteggiatura e la levigatura con paste abrasive per assicurare una superficie idonea per una lucidatura ottimale da praticare con l'impiego di tre cere naturali e di spazzole di cotone di diverse dimensioni. Tutto culmina nell’apposizione del timbro del marchio che rende la pipa pronta per i suoi appassionati. Con la sabbiatrice è possibile anche conferire, laddove si desideri, l'effetto striato a rilievo», spiega con dovizia di particolari il maestro pipaio calabrese.
Sono tante le fasi di lavorazione che si racchiudono in un paio d'ore per la pipa classica, solo da fumo, e che possono invece protrarsi anche per mesi per una pipa artistica. Trattandosi di attività manuale, con un notevole impegno dei polpastrelli, esse richiedono molto tempo.
La vecchia fabbrica di San Lorenzo
«La scuola di mio padre era stata appassionante e non ho voluto disperderne gli insegnamenti. Così ho proseguito lavorando per pezzi unici. Ne produco circa duecento - trecento l'anno e le ispirazioni sono le più diverse. Ho intercettato, con la pipa artigianale, un mercato di nicchia all'estero. In America, ad esempio, attraverso una rappresentante, le mie pipe sono esposte in occasione di fiere specializzate. I costruttori sono oggi più dei fumatori e dunque non si fa più un lavoro di quantità ma di qualità. In Cina, dove prima si vendeva moltissimo, oggi invece è cresciuta la produzione, avendo loro acquisito da noi l'arte, e lì adesso solo il marchio continua ad avere un certo seguito», spiega Fabrizio Romeo che nel cuore porta anche la fabbrica, luogo dell'infanzia e bene che purtroppo è poi andato all'asta.
«Ho sempre voluto che rimanesse come luogo storico così, producendo la documentazione, la Soprintendenza ha posto un vincolo come bene che non può cambiare destinazione d'uso. È necessario vigilare affinché ciò che resta delle costruzioni industriali, su oltre quattro ettari di terreno, non si deteriori nel tempo. Sarebbe bello se si conservasse anche per la comunità di San Lorenzo che un tempo si scaldava con la legna di risulta e rappresentava la sua manodopera», sottolinea Fabrizio Romeo.
La pipa nella Storia
Il tempo e la pazienza sono parte integrante della creazione e dell'ispirazione. Sarà per questo che anche il maestro Fabrizio Romeo fuma la pipa: per quello stato di quiete che dona, per quella dimensione che concilia il pensiero. Lo dimostra la storia che associa la pipa a grandi scienziati, musicisti, filosofi, scrittrici come Albert Einstein, Ludwig van Beethoven, Johann Sebastian Bach, Bertrand Russell, Jean Paul Sartre, George Sand e Virginia Woolf, e persino a personaggi di fantasia come i grandi detective Sherlock Holmes e Jules Maigret, nati dalla penna di Arthur Conan Doyle e George Simenon. Tutti personaggi dediti alla riflessione e all'introspezione, toccati dal genio e che hanno scelto la pipa.