
«Rimarrà deluso – avverte l’autore nell’incipit – chi si metterà alla ricerca di indiscutibili certezze e lapalissiane prove documentali. Ce ne sono ben poche».
Nel saggio viene riferito delle varie tesi e vicende, raccontate con acume, con il proposito di ripercorrerne il filo a ritroso, e immancabilmente emergono le figure di personalità alle quali «in maniera vera o presunta», l’antico monastero, fondato da Brunone di Colonia alla fine dell’XI secolo, pare abbia dato ospitalità.
In “Dieci misteri certosini” viene rispolverato anche il ricordo di fatti ed eventi prodigiosi, o supposti tali, che sarebbero altrimenti rimasti relegati alla tradizione locale. Un ricordo affidato alla memoria di pochi e come tale destinato a dissolversi.
Il libro apre con una cronologia dei principali fatti, relativi alla storia del monastero, sorto su un territorio donato dal conte Ruggero Il Normanno. La sua fondazione, stando a quanto riportato nel libro, potrebbe aver avuto notevoli implicazioni politiche, in quanto importante caposaldo per condurre a compimento l’opera di rilatinizzazione della Calabria centromeridionale, all’epoca influenzata dalla presenza greco-bizantina. Una Calabria, terreno di scontro, non solo militare, ma anche culturale e teologico. Nonostante le montagne calabresi offrissero luoghi ben più inaccessibili presso i quali ritirarsi in contemplazione, si osserva, la Certosa fu eretta in un territorio collocato a metà strada dell’importante direttrice di comunicazione tra Mileto e Stilo, rispettivamente il centro del potere normanno ed il centro del potere bizantino. Il conte Ruggiero, inoltre, al seguito dei certosini fece giungere, nel corso degli anni, anche delle famiglie gran parte delle quali provenienti proprio da Stilo.

Tra gli argomenti oggetto della pubblicazione anche la controversa vicenda dell’attribuzione della facciata della vecchia Certosa, distrutta dal terribile terremoto del 1783, da molti ricondotta al Palladio, ma che secondo una tesi rilanciata nel 2011 da Carlo Pedretti, direttore degli Studi Vinciani all’Università della California, su “L’Osservatore romano”, sarebbe stata ispirata da un disegno di Leonardo da Vinci.
Due eventi avvenuti nel cenobio destarono particolare scalpore: nel 1844 l’omicidio di padre Arsenio Compain, e nel 1975 il suicidio del priore, Willebrando Pnemburg. Nello stesso anno, tra il 31 agosto ed il 7 settembre 1975, sulla “Stampa”, Leonardo Sciascia, pubblicava una serie di articoli dal quale è tratto il “giallo” “Il caso Majorana”, con il quale veniva rilanciata l’ipotesi che un convento avesse dato ospitalità al grande fisico siciliano.

La figura di altri personaggi è stata legata, in qualche modo nel tempo, alla Certosa di Serra San Bruno. Correva l’anno 1962, dalle pagine del settimanale “Oggi” una rivelazione sensazionale: “Cerca in convento la pace dell’anima. Uno dei piloti che bombardarono Hiroshima”. Il pezzo era destinato a dar vita ad uno dei misteri più suggestivi che aleggiano attorno alle mura del monastero, ad una legenda, nonostante le smentite. In tale direzione vanno gli interventi, susseguitisi negli anni, di un giornalista e fine intellettuale calabrese, Sharo Gambino.

Tra i tanti dubbi relativi alla permanenza di molti personaggi, pare invece che un’illustre figura della Letteratura italiana non abbia potuto soggiornarvi come avrebbe voluto. Questi era Giovanni Boccaccio, come testimonierebbe una sua lettera, portata alla luce da Sharo Gambino.
“Dieci misteri certosini” rievocando anche i più importanti fatti che hanno contraddistinto la storia del convento chiude con il racconto della visita di Papa Benedetto XVI nel 2011. Il suo predecessore Giovanni Paolo II ci era giunto nel 1984.
Ma da che cosa deriva il fascino del monastero bruniano? Probabilmente il vero segreto facendo richiamo alle parole pronunciate dal Papa emerito in occasione della tappa a Serra, sta nel suo essere «una cittadella dello spirito», «un’oasi di silenzio» che travalica i secoli, rappresentando così «un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo, un dono che contiene un messaggio profondo per la nostra vita e per l’umanità intera».
Il “Chi è” dell’autore
Laureato in Scienze politiche indirizzo storico, Mirko Tassone collabora con diverse testate giornalistiche ed è corrispondente de “Il Quotidiano della Calabria”. È autore inoltre del saggio “Neofascismo e RSI. Il mito della Repubblica sociale italiana nella memorialistica e nella pubblicistica” dato alle stampe nel 2008 dalle Edizioni Settimo Sigillo e ancora del saggio breve “Nazioni e modernità nel sindacalismo rivoluzionario italiano”.
Nel 2011 si è classificato al secondo posto del concorso letterario “Avventurosi sogni fantastici”, a Roma. Di recente si è classificato primo nel concorso letterario “Abbiamo abbastanza riso ora pasta”. Vive tra Serra San Bruno e Roma