Quando è morto, in un ricovero per anziani di Zagabria, il 3 febbraio scorso, all’età di 84 anni, è stato unanimemente ricordato come l’intellettuale europeo più impegnato dal punto di vista dei diritti umani, ma prima di tutto per essere stato il più grande, immenso, narratore della civiltà mediterranea, della sua gente, dei suoi territori. Matvejevic, amava molto l’Italia, dove aveva vissuto a lungo, ed era molto legato alla Calabria, regione dove tornava volentieri e frequentemente, dopo il primo viaggio fatto nel 1997 a Cirò Marina, per ricevere, su segnalazione dell’antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, l’ambito premio letterario della città di Punta Alice che era giunto alla decima edizione. Satriani, si era prodigato per il trasferimento dello scrittore, da Parigi dove insegnava a La Sorbona, a Roma alla Sapienza, dove gli era stata assegnata la cattedra di slavistica.Era il 5 luglio. A Cirò, Matvejevic era rimasto affascinato dello scenario marino della costa jonica ed era rimasto incantato di fronte al complesso di edifici dei “Mercati Saraceni”, dove si era svolta la cerimonia di premiazione. In quei posti, aveva ritrovato, come per magia, gli stessi luoghi descritti nel suo libro “Breviario Mediterraneo”, un’opera fondamentale per la cultura europea e occidentale. Il “Breviario si accosta - per importanza e valore letterario - alle più conosciute opere di Fernand Braudel sul Mediterraneo, oppure ai saggi di Davis Abulafia, lo storico che più di tutti ha indagato sull’aspetto umano del Mare Nostrum. Matvejevic, aveva molti amici in Calabria e tante relazioni con studiosi nelle Università, umanisti, ma anche urbanisti.

Col suo geniale, imprevedibile e fulmineo “Breviario mediterraneo” lo scrittore aveva portato l’Europa alla riscoperta delle radici mediterranee, invitandoci e ad avere uno sguardo “altro”, più generoso e grato, verso il mare dei greci e dei romani, ormai visto come spazio dei conflitti, delle contese, della violenza.
In Calabria, ad un Forum dell’Università Mediterranea di Reggio, aveva pronunciato parole di critica all’Europa che dimentica le sue radici mediterranee. “L’unione europea - aveva detto - è nata separata dalla ?culla dell’Europa?. Come se una persona si potesse formare, dopo essere stata privata della sua infanzia, della sua adolescenza”. Queste parole – testuali - le aveva pronunciate al Forum “Le città del Mediterraneo” e successivamente il testo completo lo aveva concesso, dopo averlo personalmente riattualizzato, come prefazione al volume “Media arabi e cultura nel Mediterraneo” (a cura di O. Milella e D. Nunnari, Gangemi, 2009) patrocinato dalla presidenza del Consiglio regionale della Calabria. Tra le sue opere - dopo il “geopoetico” diario di bordo mediterraneo - va ricordato “Pane nostro” (Garzanti 2015) che si può considerare il vero e proprio testamento spirituale di Matvejevic. Una grande storia di sapienza, di poesia, d’arte e di fede, dove il “contatto dell’uomo col pane”, quasi sacro, non si dimentica. In “Pane nostro“, lo scrittore racconta che certe denominazioni del pane rimandano a valori spirituali, morali e sociali: “Pane della vita“, “pane della lacrime“, oppure “pane eterno“, come è detto nella Sacra Scrittura o “pane dell’accoglienza“ e “dell’amicizia“, nei Salmi.

A Crotone, lo ricordano ancora per le sue passeggiate lungo la spiaggia, a Capo Colonna e tra i relitti delle carrette del mare, sul vecchio porto. Fu qui che il fotografo Mario Dondero lo immortalò in una foto simbolica, appoggiato ad una carretta del mare che aveva trasportato tante vite umane in salvo. Matvejevic, fu consulente per il Mediterraneo nel Gruppo dei saggi della Commissione europea, durante la presidenza Prodi; vice presidente del PEN Club Internazionale di Londra; cofondatore e presidente del comitato scientifico della Fondazione Laboratorio Mediterraneo. Un uomo grande, Matvejevic, che ha segnato la nostra epoca incerta, che tutto il mondo mediterraneo non può dimenticare, guardando al futuro, che è un’incognita.